di Tano Siracusa

Vista da fuorI, dall’alto di un balcone, la piccola finestra al primo piano con il vetro a specchio riflette un frammento di cortile in basso, e ogni tanto incornicia una figura umana, immobile o di passaggio.
La finestra come quadro o fotografia è sempre stata osservata e spesso rappresentata dall’interno, a prospettare un paesaggio, oppure da fuori, a svelare l’intimità dgli interni o persone affacciate. Una rappresentazione più facile forse per i pittori, per la loro libertà di immaginazione, che per i fotografi, condizionati da difficoltà legate alla distanza e alla prospettiva.
In questo caso la finestra incornicia una donna che per la luce radente e le dimensioni potrebbe trovarsi dietro la finestra, all’interno. Esterno e interno, alto e basso rimangono indecisi. Solo un’ inquadratura allargata lascia vedere che l’immagine è riflessa e quindi ‘fuori posto’, sbalzata in alto rispetto alla sua vera posizione giù nel cortile. Quella donna dietro la finestra è insomma un’immagine falsa, un miraggio.
Ma l’ambiguità è costitutiva delle fotografie, doppi speculari di una realtà disertata dal tempo e quindi irreale. La ‘verità’, anche nell’inquadratura stretta che non lascia vedere il cortile, si mostra infatti quando il tempo, pochi secondi di filmato, mostrano sulla veste della donna, immobile come nelle foto, un’ombra agitata dal vento. Particolare surreale se lei fosse dietro la finestra.
Poi, col buio, anche la finestra a specchio scompare, la notte si accende di luci, di altri inganni.