di Nino Cuffaro

L’Istituto Gramsci Siciliano svolge attività di raccolta, tutela e valorizzazione del patrimonio documentario, archivistico, bibliografico e di fonti orali relativo alla storia della Sicilia e al suo ruolo nell’area mediterranea, nonché di promozione culturale, di formazione, di istruzione e di ricerca in questo ambito specifico.
(dallo statuto dell’Istituto Gramsci Siciliano)

I cantieri culturali alla Zisa sono sicuramente uno dei successi della politica culturale e dell’azione di rigenerazione urbana dell’esperienza di governo di Leoluca Orlando. Circa sessanta ettari di quella che fu la grande fabbrica Ducrot, protagonista del liberty palermitano (molti mobili e arredi dell’hotel delle Palme e di Villa Igiea sono stati prodotti in quei cantieri su progetto dell’architetto Ernesto Basile), furono sottratti alla speculazione edilizia ed acquistati dal comune di Palermo nel 1995. Dopo un periodo di abbandono, negli ultimi dieci anni si è sviluppata una lenta metamorfosi che ha trasformato quello spazio, circondato dai segni degradanti dell’orgia edilizia dei decenni precedenti, in un laboratorio di avanguardia nella produzione culturale. Un’oasi in cui albergano proficuamente arte moderna e contemporanea, cinema, fotografia, teatro, musica e molto altro ancora. I Cantieri ospitano un padiglione della Galleria d’arte moderna, l’Istituto di cultura francese, il Goethe Institut, il Centro internazionale di fotografia di Letizia Battaglia, la ZAC (Zona Arte Contemporanea), il cinema De Seta gestito dall’associazione Lumpen di Franco Maresco, l’Accademia delle belle arti, il Centro sperimentale di cinema, un laboratorio teatrale del Ditirammu e del teatro Biondo, un circolo dell’Arci, il Green Lab di Legambiente, la sede di diverse associazioni e istituzioni culturali. Tra queste ultime c’è anche l’Istituto Gramsci Siciliano presente ai Cantieri fin dal 2.000, quando si trasferì dalla precedente sede di corso Calatafimi (storica sede del comitato regionale siciliano del partito comunista), rendendo ancora più fruibile la sua biblioteca, l’emeroteca e gli archivi che gli sono stati donati da eminenti personalità storiche. 

Le finalità dell’Istituto Gramsci

L’Istituto Gramsci è innanzitutto la biblioteca, inserita nel servizio bibliotecario nazionale, che detiene complessivamente circa 40.000 volumi riguardanti soprattutto la storia della Sicilia e del meridione e attinenti in particolar modo alle vicende delle organizzazioni sindacali operaie e contadine, a quelle del movimento autonomista e del movimento antimafia. 

La sezione archivistica, posta sotto la tutela della sovrintendenza regionale, perché riconosciuta di particolare interesse culturale, raccoglie materiali unici:

  • I documenti, che vanno dal 1940 al 2000, del partito comunista siciliano, della sede regionale centrale e di alcune federazioni provinciali, tra cui quella di Agrigento. È l’unico archivio esistente: sono presenti atti di congressi provinciali, verbali di riunioni, risoluzioni politiche, piani di lavoro, direttive politiche ed organizzative, scritti e discorsi politici, manifesti, volantini; 
  • l’archivio dell’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, che documenta il contributo dei partigiani siciliani alla guerra di liberazione nazionale;
  • I fascicoli dell’Alleanza coltivatori siciliani dove è presente la documentazione relativa alla riforma agraria e alle lotte per l’assegnazione delle terre, allo sviluppo in genere dell’economia agricola siciliana e alla elaborazione dei progetti di legge a favore dei lavoratori della terra; 
  • le carte di Andrea Finocchiaro Aprile, leader del movimento indipendentista siciliano nel secondo dopoguerra; 
  • Il fondo Comitato di solidarietà democratica. Organizzazione sorta nell’estate del 1948 allo scopo di assistere legalmente tutti coloro che venivano colpiti dalle misure repressive durante le lotte per le libertà democratiche, per la riforma agraria e per il lavoro. Sono presenti materiali che documentano in modo organico le molteplici attività svolte dal comitato palermitano e siciliano, atti di procedimenti penali che riguardano le occupazioni delle terre e le lotte per il lavoro, dati statistici, nonché un’ampia corrispondenza fra i detenuti, i loro familiari e il Comitato.
  • infine, gli archivi personali di molti uomini e donne politici ed intellettuali della sinistra. Tra questi Girolamo Li Causi, Pompeo Colajanni, Pio La Torre, Marcello Cimino, Francesco Renda, Simona Mafai, Cesare Terranova, Vera Pegna, Pancrazio De Pasquale (primo presidente comunista dell’assemblea regionale), Vittorio Nisticò (mitico direttore della stagione più importante del giornale l’Ora).

Di particolare valore la raccolta digitalizzata di giornali e riviste, alcune introvabili altrove, come: La voce comunista  settimanale della federazione di Palermo del Partito comunista d’Italia (1944-1945), La voce della Sicilia (1945-59), Sicilia del Popolo (1949-60), Il Siciliano Nuovo (1950-51), L’Autonomia (1964-65) quindicinale siciliano di politica e cultura, Quaderni siciliani (1974-77); e poi l’Ora (1949-92), Lotta Continua (1972-79) L’Ordine Nuovo (1919-25), Il Manifesto (dal 1969).  Sono presenti anche gli Atti delle Commissioni parlamentari d’inchiesta (Mafia, P2, Stragi, Sindona, etc.). Inoltre, sono custoditi negli scaffali dell’istituto una miriade di documenti, piccoli giornali locali, pubblicazioni di dirigenti e militanti, che nel loro insieme consentono di ricostruire la storia della Sicilia dal secondo dopoguerra ad oggi, evidenziando le trasformazioni, i conflitti sociali che li hanno accompagnati, i movimenti democratici di operai e contadini che ne sono stati protagonisti, nonché il ruolo delle classi dirigenti, delle organizzazioni criminali e del movimento antimafia. 

Il Gramsci, però, non è stato in questi anni solo un luogo di conservazione della memoria, ma ha anche esercitato una funzione importante come centro culturale di ricerca storica, politica e sociologica, con la produzione di circa 130 pubblicazioni offerte sempre gratuitamente a chiunque ne facesse richiesta.  All’attività di ricerca scientifica, infine, ha accompagnato un ruolo attivo di promozione culturale sotto forma di seminari, convegni, dibattiti, mostre, spesso in collaborazione con prestigiose istituzioni culturali italiane e straniere. Quindi, un luogo fondamentale per conoscere la nostra storia, ma anche un’officina culturale per riflettere sul tempo presente ed elaborare idee per costruire il futuro. 

Oltre alla sua eminente attività di promozione culturale, l’istituto è stato anche la casa comune di chi – movimenti, partiti, associazioni, gruppi organizzati di vario tipo – non avesse una sede. Seguendo una scelta democratica e pluralista ha deciso di aprire le porte non solo ai gruppi di sinistra, ma a chiunque si collocasse nell’ampio recinto dei valori della costituzione repubblicana. Il Gramsci, quindi, è un vero e proprio “bene comune”: uno spazio pubblico, un patrimonio collettivo, accessibile a tutti, gratuito e di qualità.

Il conto economico 

I mezzi di cui dispone l’istituto, come avviene per molte altre realtà culturali, sono decisamente modesti. Alla realizzazione pratica di tutte le attività collaborano tre soli dipendenti (una bibliotecaria, un’archivista e un segretario amministrativo), che assicurano l’apertura della sede dal lunedì al sabato. Le uniche fonti di finanziamento sono costituite dalle quote associative (1.900 euro nel 2020), dalla quota del 5Xmille destinato alle onlus (6.865 euro nel 2020) e dal contributo regionale (nel 2020 avrebbe dovuto essere di 70.000 euro, ma l’istituto ha incassato solo 42.000 euro a saldo dell’anno 2019).  Con un costo irrisorio di appena 110.000 euro l’anno (costa di più mantenere una piccola biblioteca di qualche sperduta cittadina), il Gramsci riesce a retribuire il lavoro dei dipendenti, ad acquistare le pubblicazioni nuove e le riviste e a pagare le altre innumerevoli spese ordinarie (assicurazione Inail, contributi Inps, accantonamento TFR, luce, telefono, acqua, riparazioni, pulizie, etc…). Nonostante il contenimento delle spese, il bilancio 2020 si è chiuso con un passivo di oltre 54.000 euro.

La querelle con il comune di Palermo

L’Istituto è nato nel 1978, ed ha avuto da subito un tetto naturale nella storica sede del Pci in corso Calatafimi. Poi si sposta ai Cantieri, su invito del sindaco Orlando e per l’opportunità offerta di aprire ulteriormente l’Istituto alla città. Dal suo trasferimento ai Cantieri avvenuto nel 2000 e fino al 2009 il comune di Palermo ha affidato i locali senza la corresponsione di un canone di affitto in denaro, in virtù di un protocollo che assegnava l’immobile in cambio di servizi resi alla città. Si trattava quindi non di un uso gratuito (cosa che certo non sarebbe stata scandalosa, stante la natura culturale dell’attività svolta), ma di una compensazione in natura: ospitalità in cambio di servizi bibliotecari, che il Gramsci ha regolarmente svolto e con grande successo, visto l’afflusso continuo di studenti, ricercatori, studiosi e lettori di vario tipo. Il sindaco e la sua amministrazione dovrebbero essere molto soddisfatti per aver garantito alla città un servizio bibliotecario di eccellenza, aperto anche il sabato, a costo zero per le casse comunali. “Dopo nove anni – afferma il presidente dell’istituto Salvatore Nicosia – alla scadenza del protocollo, chiedemmo di nuovo l’assegnazione dei locali alle stesse condizioni, attraverso l’applicazione di un articolo del regolamento di cui si era dotato il comune, che prevede la forma della compensazione del canone di affitto per le istituzioni di “alta cultura” (Regolamento comunale art.16, comma 4). I funzionari comunali, però, non si accorgono dell’esistenza della norma citata e stabiliscono unilateralmente un canone di circa 700 euro al mese per i locali in concessione. Dopo un braccio di ferro durato tre anni, in cui è stata sistematicamente ignorata una precisa disposizione del regolamento comunale sull’uso dei beni pubblici, l’amministrazione ammette l’errore, ma ciò nonostante gli uffici continuano a chiedere i soldi dei canoni arretrati. Così, si va avanti con accordi successivi con assessori che davano ragione al Gramsci e la macchina comunale che andava per conto suo, chiedendo il pagamento dei canoni di affitto. Canoni che lievitavano sempre di più, con il rischio continuo dello sfratto. Nel giugno 2020, il sindaco Leoluca Orlando annunciava con soddisfazione in un comunicato: “Accordo sugli affitti. Il Gramsci è salvo”. Sembrava tutto risolto, con l’applicazione del regolamento comunale per la compensazione del canone di affitto, come chiedeva l’istituto, e il pagamento dilazionato dei canoni nel frattempo maturati, come pretendeva la burocrazia comunale.  Ma, purtroppo, non è andata così. All’udienza davanti al tribunale di Palermo del 28 ottobre 2020, che doveva discutere la richiesta di sfratto precedentemente presentata, prendendo atto dell’accordo raggiunto tra le parti, inspiegabilmente il comune non si presenta e, quindi, non conferma l’accordo annunciato con tanta enfasi dal sindaco. Il resto è storia di oggi, con lo sfratto divenuto esecutivo, con il debito (non dovuto) arrivato a 90.000 euro e il rischio concreto che l’Istituto Gramsci possa chiudere e la sua ricchezza documentale possa finire, non più fruibile, accatastata in qualche anonimo magazzino.

Cupio dissolvi

Palermo, che nella narrazione di questi anni, tanto cara ad Orlando, è stata presentata come una città risorta grazie allo slancio culturale impresso dalla sua amministrazione, così rischia di perdere uno dei patrimoni culturali più pregiati. Purtroppo, non sarebbe una novità. Già pochi anni fa, nonostante l’appello di diversi intellettuali, Franco Maresco in particolare, l’inerzia delle istituzioni comunali ha determinato la perdita dell’archivio dell’artista palermitano Franco Scaldati, ora di proprietà della fondazione Giorgio Cini di Venezia. Dispiace molto che in questa vicenda paradossale, con una burocrazia ottusa e nemica del bene pubblico, il sindaco abbia mostrato scarso interesse, distinguendosi per indolenza ed inerzia, trattando il problema come una semplice vertenza economica. 

In questo clima da fine impero, di “cupio dissolvi” dell’esperienza orlandiana, la città sembra abbandonata a sé stessa: sporca, piena di spazzatura, con le strade costellate di buche, senza alcuna cura e financo con le bare dei defunti indecorosamente accatastate nei magazzini in attesa di sepoltura. Palermo appare sempre di più come una nave senza nocchiero in gran tempesta… con i pochi marinai superstiti intenti a salvare il salvabile (piano triennale delle opere pubbliche rimaneggiato e piano di riequilibrio finanziario). Ci prepariamo malinconicamente ad un’uscita di scena non all’altezza del personaggio coraggioso e innovatore che è stato Leoluca Orlando, soprattutto nel corso della primavera palermitana degli anni ’80.

L’istituto Gramsci, comunque, è un patrimonio irrinunciabile e va preservato. Se di questo non si fa carico il comune e il suo sindaco, se ne faranno carico i siciliani. È stato promosso nei giorni scorsi un comitato presieduto dall’ex rettore Giuseppe Silvestri, che ha lanciato un appello e aperto una sottoscrizione pubblica per pagare i canoni, non dovuti, pretesi dal comune di Palermo. È un dovere di ogni siciliano democratico, a cui stanno a cuore le ragioni della cultura e della memoria storica, dare un contributo, anche di pochi euro, per consentire all’Istituto Gramsci di continuare ad esistere e di non disperdere il suo inestimabile patrimonio.

Per sottoscrivere l’appello, che ha tra i primi firmatari personalità espressione del mondo della cultura nazionale, come Dacia Maraini, Luciano Canfora, Antonio Gramsci junior, Gioacchino Lanza Tomasi, Antonio Sellerio, Giuseppe Tornatore, e per dare un contributo è possibile rivolgersi alla sede dell’istituto ai cantieri culturali alla Zisa o, più semplicemente, effettuare un bonifico a Banca Etica, Iban IT90R0501804600000017145368, intestato a “Salviamo l’istituto Gramsci siciliano”.