di Nuccio Dispenza

Nel giro di pochi giorni la Sicilia ha toccato violentemente il fondo, sporcandosi pesantemente, ferendosi rovinosamente. 

Già era stato tanto (troppo) la scomposta sortita del presidente dell Assemblea Regionale, furente, quasi a bestemmiare, per non essere stato ascoltato quando avanzava il “diritto” di precedenza dei politici nella campagna vaccinale. Sarebbe bastato quel passaggio per dare all’immagine della Sicilia un colpo di mannaia irrimediabile. E invece no, non è bastato.                                                                                                                  Si sa, noi siciliani siamo esagerati in tutto,in pasticceria come nella vita. Ed ecco, allora, che in uno dei passaggi tragici della storia nazionale ci mettiamo a spalmare i morti sul calendario per taroccare i dati sulla salute, falsando la realtà. Colti con le mani sporche di nutella, a giocare coi positivi al Covid come se fossero le tre carte dei banchetti mariuoli di una Napoli che non c’è più. Avendo memoria di mezzo secolo di vita parlamentare siciliana, alcuni di questi anni addirittura come cronista politico, appena visto l’incredibile video dello scomposto Miccichè, mi sono imposto di rivederlo, per fugare ogni dubbio dei miei occhi e delle mie orecchie. Avuta conferma dell’oscenità, sono andato a rileggere i nomi di tutti i presidenti del Parlamento siciliano, che ricordo essere il più antico del mondo. Li ho ripassati dal primo al penultimo. Ebbene, avendo riletto i loro nomi, e dopo averli pesati, vizi e virtù, sono addivenuto alla conclusione che anche il peggiore di loro non avrebbe mai fatto un decimo di quel che aveva osato fare, in Aula, l’attuale presidente. 

Primo tonfo nella melma che stava in fondo al pozzo. La sera successiva al fattaccio di Sala d’Ercole, guardando la trasmissione di Gramellini su Rai3, mi colpì la violenza con la quale Corrado Augias, persona e intellettuale intelligente e garbato ha licenziato 70 anni di Autonomia, facendo di tutta l’erba un fascio. Per colpa di Miccichè. Il danno era fatto e il conto inimmaginabile oltre che salato. Questo con gli altri, come se alla Sicilia in passato fosse stato risparmiato qualcosa, dai peggiori siciliani e da chi, fuori, ha sempre colto l’occasione per darle un pestone con lo stivale. Passano pochi giorni, si arriva ad oggi, ci sveglia la notizia dei morti spalmati sul calendario, per alleggerire furbescamente la situazione sanitaria dell’Isola. La vicenda è tutta nelle intercettazioni, e sembrano richiamare le grandi e grasse risate di chi, quando ancora la terra tremava e si tiravano fuori i primi morti, si leccava i baffi per i tanti soldi che si sarebbero fatti con il terremoto e con la ricostruzione. Anche lì, morti da spalmare, ma su mazzette di soldi. E’ vero, la Sicilia ha visto e vissuto di tutto, sopra ogni altra tragedia il massimo dei mali resta la difesa della legalità dagli attacchi di mafia e company. Ma questi due passaggi, in qualche maniera riconducibili alla tragica pandemia che viviamo, contando i morti a centinaia, hanno qualcosa di scandaloso e macabro che è inedito. Certo, sempre da spalmare ci sarebbero gli ottocento morti che a Palermo, in fila, al cimitero, attendono una sepoltura. Ma questa – forse – è un’altra storia, i morti non fanno chiasso. Resta una storia scellerata di scellerate storie.                 

Ma, di fronte a queste storie torna il dolore – quasi un lutto –  per l’inconsistenza di quel fronte democratico che si richiederebbe, in opposizione ad una laida destra del malgoverno. Torna il dolore per le occasioni giocate con azzardo e perdute, penso al governo Crocetta: farlocco il governo, vero il voto speranzoso. Occasione tra altre occasioni che hanno illuso e deluso, che hanno finito con lo spianare la strada alla destra, costruito un ponte a forze come la Lega, che sono riuscite a piantare la tenda sulla terra che in passato avevano considerato alla stregua di una vecchia sputacchiera.

Di Bac Bac