L’inchiesta della procura di Agrigento, palesatasi in questi giorni in seguito ad alcuni provvedimenti restrittivi della libertà personale a carico di diversi funzionari e dirigenti della pubblica amministrazione, accusati di pilotare appalti pubblici in cambio di mazzette, ha toccato anche l’appalto di 37 milioni di euro per il rifacimento dell’intera rete idrica cittadina. I lavori della nuova opera, attesa da mezzo secolo, vedono come stazione appaltante la società che gestisce il servizio idrico, cioè l’AICA. Da ciò discende, molto probabilmente, la visita nella sede di AICA avvenuta ieri da parte della squadra mobile di Agrigento, con l’acquisizione di documenti relativi all’attività aziendale.  

L’inchiesta è in corso e vedremo quali altri sviluppi porterà, ma già da ora emerge un quadro preoccupante di complicità e corruzione, che poteva essere agevolmente rilevato, se le amministrazioni locali e le forze politiche che le sostengono avessero dato la dovuta attenzione gli allarmi lanciati dall’Anac, l’autorità anticorruzione, senza aspettare l’intervento della magistratura.

Oggi i partiti che amministrano la città sono silenti, come se quello che sta succedendo non li riguardasse, quasi che i reati ipotizzati di corruzione, concussione, turbativa degli incanti e frode nelle pubbliche forniture fossero elementi di poco conto, piccoli inciampi nella gestione del potere. Ci ripetono da anni che loro amano lavorare in silenzio. Ora si capisce perché.

In realtà, molto probabilmente, sono in grande apprensione per i possibili clamorosi sviluppi dell’inchiesta. S’è riprovevole questo silenzio imbarazzato delle forze di centrodestra (che fine hanno fatto sindaco, deputati e dirigenti locali di Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega, Movimento per l’Autonomia, Democrazia Cristiana?), diventa inaccettabile il mutismo dell’on. Roberto Di Mauro, il cui segretario particolare Giovanni Campagna, pare dimessosi nelle scorse settimane, è tra gli indagati dell’inchiesta in corso. Per il ruolo che ha avuto in questi anni nelle vicende amministrative locali e nella gestione di AICA, Roberto Di Mauro dovrebbe sentire il dovere di chiedere scusa agli agrigentini e di fornire spiegazioni dettagliate sul proprio operato e quello dei suoi collaboratori, con particolare riferimento all’attività del Campagna.

(Salvatore Cocina, dirigente regionale della protezione civile, toglie il microfono al sindaco di Agrigento – 14 agosto 2024)

C’è, poi, un passaggio dei primi provvedimenti giudiziari, pubblicato dai giornali locali, che non può che suscitare sdegno e rabbia. Secondo la procura di Agrigento, l’appalto relativo alla nuova rete idrica cittadina sarebbe tra le opere aggiudicate grazie alla complicità di dirigenti e funzionari pubblici, per essere assegnato ad un consorzio di imprese che, non solo sarebbe risultato non idoneo ad assicurare l’effettiva esecuzione dei lavori, ma non avrebbe posseduto nemmeno i requisiti economici e aziendali per affrontare un lavoro così complesso come il rifacimento della rete idrica dell’intera città.

Su questo punto, indipendentemente dalle eventuali responsabilità penali, sussiste ed è di grande rilievo la responsabilità del consiglio di amministrazione dell’AICA, per non avere adeguatamente vigilato e – quanto meno — per non aver compreso le anomalie nella definizione di un iter amministrativo lento e contorto. Ricordiamo al riguardo la perdita nel 2023 del finanziamento disponibile di 45 milioni di euro per scadenza dei termini di utilizzo. Alla luce delle evidenze di oggi, forse si capiscono meglio le ragioni che hanno portato a tempi così dilatati per l’avvio di un’opera fondamentale, che aspettiamo da decenni.  Quindi, un ritardo non accidentale, non dovuto a sviste o a mera insipienza amministrativa, ma un probabile frutto avvelenato, conseguenza diretta di un sistema corruttivo, che avrebbe sapientemente pilotato la procedura amministrativa verso l’aggiudicazione ad un’impresa amica.

Che l’AICA sia un’azienda gestita male, è cosa acclarata: servizio pessimo, organizzazione approssimativa (basti vedere i tempi di riparazione dei guasti), debiti fuori controllo, carenza di accertamenti sulle tante utenze abusive, assenza di visioni strategiche. Dunque, incapacità a governare l’ordinario, figuriamoci la crisi idrica e i cambiamenti climatici.  Non si tratta dell’opinione di qualche oppositore, ma anche del giudizio qualificato e tagliente espresso da Salvatore Cocina, Dirigente Generale del Dipartimento della protezione civile regionale, che nel corso di una riunione di emergenza tenutasi ad Agrigento, alla vigilia di Ferragosto dello scorso anno, ha platealmente interrotto il sindaco Francesco Miccichè, togliendogli materialmente il microfono, per affermare che “AICA ha fallito, AICA non esiste”.

Sarebbe comodo, oltre che disonesto, circoscrivere l’ambito delle responsabilità del disastro di AICA esclusivamente ai partiti di governo. L’attuale consiglio di amministrazione, infatti, è il risultato di un accordo tra tutte le forze politiche, compresi i partiti di sinistra, che hanno richiesto e ottenuto un posto nel CdA. I sindaci e i deputati del PD, oltre che il sindaco di Favara Antonio Palumbo di Rifondazione Comunista, hanno condiviso e approvato logiche consociative che hanno nuociuto alla governance dell’azienda, determinando la sostituzione di un CdA di tecnici con un CdA di emanazione politica. I risultati disastrosi sono evidenti a tutti.

Della crisi idrica e delle possibili soluzioni si dovrebbe parlare nella campagna congressuale in corso nel PD, dovrebbe essere uno dei temi principali del dibattito, se il partito non fosse così impegnato in polemiche e ricorsi su regolamenti e procedure. Tuttavia, non è più possibile rinviare le decisioni urgenti che attengono la gestione dell’acqua. È indispensabile, per i guasti prodotti e per le ombre evidenziate dall’inchiesta giudiziaria, richiedere con forza l’allontanamento immediato dell’attuale CdA, attraverso il commissariamento dell’AICA e l’avvio di un’ispezione amministrativa minuziosa, per verificare la correttezza di appalti, incarichi e altri provvedimenti. I rappresentati locali dei partiti e dei movimenti di opposizione hanno chiesto più volte drastici provvedimenti nei confronti dell’azienda, purtroppo, finora senza effetto.

Ora, è opportuno che a questa posizione si allineino anche i deputati, utilizzando gli strumenti penetranti a loro disposizione: interrogazioni, richieste di documentazione, ispezioni, denunce.

Onorevoli Michele Catanzaro, Giovanna Iacono, Ida Carmina, gli agrigentini che soffrono la sete e sono vessati dalle tariffe altissime (l’ultimo aumento del 5,40% è stato deliberato appena pochi giorni addietro) aspettano da voi un segnale concreto.

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.