di Tano Siracusa

La dichiarazione del ministro Piantedosi dopo il naufragio a Crotone, “la disperazione non giustifica i viaggi a rischio”, lascia sbalorditi per il suo pacato, riflessivo cinismo. Ci aveva abituati il suo mentore Salvini da ministro dell’interno, con diversa, barbarica baldanza, ma è la modalità delle esternazioni la vera, inquietante novità: in diretta televisiva, minacciando indagini e misure sanzionatorie, cercando di intimidire giornalisti e ospiti delle trasmissioni quando vengono sollevati dubbi o aperte denunce del suo operato.


Una postura intimidatoria identica a quella del Ministro della Pubblica Istruzione Valditara che ha minacciato di provvedimenti la preside di una scuola fiorentina per avere commentato e condannato il pestaggio di uno studente da parte di giovani di estrema destra.
Certo, non è fascismo. Niente a che vedere con il primo dopoguerra, gli squadristi o il fascismo al potere. È però uno scenario inedito e preoccupante che ha forse contribuito a spingere alle urne domenica quanti hanno votato la Schlein.

E’ evidente a tutti che la nuova segretaria è al vertice di un partito bloccato dalle correnti, dalle rendite di posizione ereditate, dai mercanti delle tessere, che ha smarrito i suoi vecchi riferimenti sociali e gli stessi presupposti ideali della sua identità. Un Partito rappresentato al Parlamento europeo anche da corrotti, corresponsabile di una gestione disumana dei flussi migratori, incapace di fare abrogare una una legge criminogena come la Bossi Fini o di approvare una legge sullo ius soli o sulla depenalizzazione della cannabis anche quando era al governo. Un Partito disertato da se stesso, dalle sue anime, a suo agio se non di casa a Sanremo, secondo alcuni.

Ma è non meno evidente che Elly Schlein potrà riuscire ad avviare un vero processo di ricostruzione del partito, di un partito di nuova sinistra non minoritario, con ambizioni di governo, a condizione di non trovare le sue sedi presidiate dagli sconfitti alle urne delle primarie e disertate da chi domenica l’ha votata, la grande maggioranza dei quali non iscritti al PD.

Non le mancano le sponde per intrecciare rapporti e costruire iniziative comuni in un paesaggio politico segnato dai grandi temi della transizione ecologica, del contrasto alle diseguaglanze, della difesa delle minoranze, della necessità e urgenza di bloccare la generalizzata escalation militare scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina, operando per una realistica prospettiva di pace. Su questi temi la convergenza con quella parte del mondo cattolico innervata dal pontificato di papa Bergoglio, con una diffusa sensibilità ambientalista, con una molteplicità di esperienze di volontariato, di nuova imprenditoria, di organizzazione della nuova forza lavoro precarizzata, multietnica e divisa, con i movimenti per i diritti civili, sembra possibile e praticabile. E non le mancano gli interlocutori politici, dai 5 stelle a Fratoianni e alle varie frange sfilacciate della sinistra erede della tradizione novecentesca e forse anche a quelle più lungimiranti del cosiddetto ‘centro’ in formazione.

C’è poi una questione di genere e una questione generazionale che fanno irruzione con lei sulla scena. Trova un partito di anziani, con una netta prevalenza maschile nei ruoli di vertice e molti tabù da abbattere, a cominciare dalla semplice parola ‘patrimoniale’. Avere avuto come collaboratori durante la campagna elettorale dei coetanei, molte donne, presumibilmente estranei alle logiche di potere interne al PD, avere già abbattuto diversi tabù non solo linguistici, le ha permesso di avere un consenso che non si era manifestato alle urne per nessun partito durante le recenti elezioni regionali. A suo favore nel prossimo futuro anche le prevedibili, improvvide esternazioni del Piantedosi di turno, quel tono intimidatorio, quel burocratico cinismo, e la sensazione che stare a guardare davanti la tv o dalla finestra, essere informati e arrabbiati, ormai non basti più.

Un simile contesto non è sufficiente per chi viene già immaginata da alcuni come l’anti Meloni, colei che potrebbe succederle alla guida del governo nazionale fra cinque anni. E neppure per ricostruire un soggetto politico radicato e attivo nel territorio, profondamente rinnovato, con una dialettica interna anche serrata, ma senza sabbie mobili, ostracismi, troppi rematori contro, alcuni dei quali già mugugnano in attesa che l’aliena si materializzi con le sue pretese di rinnovamento. Occorre che Elly Schlein trovi nelle sezioni del PD anche molti di quelli chie l’hanno votata.
È prevedibile che almeno una parte di quelle centinaia di migliaia di persone che fino a una settimana fa non immaginavano di poter mettere piede in una sede del PD, stiano in questi giorni meditando di farlo, di andare almeno a vedere che aria tira nelle sezioni del Partito, le facce che ci sono, i discorsi che si fanno, con o senza microfoni. La tentazione per chi domenica l’ha votata di stare a guardare, di rimanere spettatori, è forte e comprensibile, ma potrebbe essere fatale alla nuova segretaria e alle sue ambizioni, e spegnere presto le speranze e un entusiasmo che non si vedevano attorno a quel partito da molti anni.

Di Bac Bac