di Nino Cuffaro

(I faldoni del maxiprocesso a cosa nostra)

A Corleone esiste da circa venti anni un importantissimo centro culturale antimafia, Il CIDMA (Centro Internazionale di Documentazione sulla Mafia e l’Antimafia), inaugurato nel 2000 alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi e dal vice-segretario delle Nazioni Unite Pino Arlacchi. Il Centro offre ai visitatori una biblioteca ed una emeroteca ben fornite; una monumentale raccolta degli atti del maxiprocesso alla mafia, istruito da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino negli anni ‘80; una mostra donata da Letizia Battaglia, che ripercorre circa 40 anni di storia siciliana, documentando fatti di mafia, ma anche l’evoluzione del costume della Sicilia, passando dai quartieri popolari di Palermo alle case dell’aristocrazia.

Negli ultimi dieci anni, della gestione si sono occupati un gruppo di ragazze e ragazzi come Maria Elena, Davide, Massimiliana, Walter, Costanza, Gabriele, Lorena, Agnese, Chiara, Nina, Luca, Emiliano e tanti altri giovani qualificati (perlopiù laureati, studenti universitari o delle scuole superiori) che, stupendo non pochi visitatori italiani e stranieri, non portano più la coppola storta, non praticano l’omertà, ma tengono alta la bandiera antimafia. È curioso pensare a quanti vengono a visitare il centro pensando magari a tutto l’armamentario becero della subcultura mafiosa (il dialetto arcaico, la paura dei boss mafiosi, la parlata sottovoce, il silenzio sui fatti di mafia e i nomi dei boss), per poi trovarsi davanti a ragazze e ragazzi pieni di coraggio, che guardano il futuro a testa alta, dalla parlata fluente e chiara, che conoscono benissimo diverse lingue straniere: l’inglese, naturalmente, ma anche lo spagnolo, il francese, il tedesco e persino l’arabo.

Con grande competenza del fenomeno mafioso, passione e spirito di sacrificio hanno fatto conoscere al mondo una Sicilia diversa, pulita, fiduciosa nel proprio futuro, capace di sfidare la mafia e la sua pratica quotidiana di intimidazioni, sopraffazioni, violenze e morte. Insomma, queste ragazze e ragazzi del Cidma sono un frammento pregiato della coscienza civile siciliana, lavorando da precari (con un semplice rimborso spese di circa 10 euro per ogni visita guidata al centro) e nell’indifferenza, se non ostilità, di buona parte dei corleonesi. Perché di mafia, nella terra che ha visto spadroneggiare i più pericolosi elementi della criminalità stragista, da Luciano Liggio a Totò Rina, per molti è meglio non parlare, anche nel 2020.

Le visite guidate al museo sono emozionanti e i ragazzi del Cidma sanno costruire, con grande partecipazione emotiva, momenti esperienziali indimenticabili, parlando delle origini del fenomeno mafioso, delle stragi, della ferocia dei boss, degli uomini dello stato che si sono sacrificati, ma anche di quanto siano cambiati il costume e la mentalità dei siciliani; e, soprattutto, di come si vive in un paese mafioso come Corleone, alla ricerca di una normalità difficile da conquistare.

Dice Costanza: “State certi che i ragazzi di Corleone hanno le tasche piene di essere presi in considerazione per via di un passato che non hanno scelto…Vogliono vivere la propria quotidianità con onestà e con quella normalità che, per alcuni, può diventare sinonimo di “monotonia”, ma che a Corleone, a casa mia, è la forma di riscatto più grande”.

La qualità del lavoro svolto dai ragazzi di Corleone è straordinaria ed è confermata anche dal “Certificato di eccellenza” conferito da TripAdvisor, che indica il Cidma come il primo “tra i luoghi educativi più significativi e particolari presenti sull’isola”. Un giudizio basato sulle recensioni positive dei visitatori provenienti da ogni parte del mondo, che sono passati da poche centinaia dei primi anni a quasi 10.000 del 2019. Un successo reso possibile grazie all’autonomia gestionale garantita dalle commissarie prefettizie nominate in seguito allo scioglimento per mafia del comune, avvenuto nel 2016, anche in seguito al discutibile episodio dell’inchino durante una processione religiosa davanti alla casa dove abita la moglie di Riina.

Le cose, purtroppo, sono cambiate con l’elezione del nuovo sindaco di Corleone, da un anno Presidente del Cidma, Nicolò Nicolosi, già democristiano, ex UDEUR, ex Nuova Sicilia, ex Patto per la Sicilia, ex UDC, ex Movimento per le Autonomie. Il sindaco Nicolosi, spalleggiato da buona parte delle classe politica corleonese, insensibile allo straordinario lavoro dei volontari e al significativo ruolo di riscatto dell’immagine di Corleone rappresentato dal Centro Antimafia, si mostra palesemente ostile verso i ragazzi del Cidma, non si fa carico delle sue gestionali del Centro antimafia, disconosce gli accordi sindacali sottoscritti con la CGIL per stabilizzare i precari e minaccia di sostituirli con altri operatori, evidentemente graditi al sindaco e al ceto politico che lo sostiene. In altri termini: vecchia politica cerca di riprendersi uno spazio libero che non riesce a controllare, provando a cancellare l’esperienza di uno dei simboli più rappresentativi della cultura antimafia in Sicilia.

I ragazzi del Cidma hanno provato a resistere, si sono rivolti al sindacato per il riconoscimento del loro impegno da volontari e da lavoratori precari, hanno chiesto la solidarietà delle forze politiche e della cittadinanza, ricevendone poca, ma dopo un anno di resistenza hanno ceduto. Pochi giorni fa si sono incontrati per una triste festa di commiato, ribadendo la loro amicizia e la passione civile che li ha accompagnati in questi anni, con l’impegno di non perdersi di vista.

Maria Elena andrà a fare la hostess della Ryanair a Dublino, Costanza si trasferirà a Palermo per frequentare l’università, Agnese tornerà a Napoli dove ha fatto gli studi universitari, Lorena andrà ad insegnare a Torino, Davide parteciperà ad una selezione di fotografi a Milano, gli altri coglieranno la prima occasione per andar via da Corleone.

Avevano sognato una Sicilia diversa, una terra in cui fosse possibile coniugare il loro entusiasmo giovanile e la passione ideale che li accende con il lavoro, ma si sono scontrati con l’indifferenza diffusa e le misere pratiche di un potere abbarbicato nella difesa di piccoli privilegi.

Ora al centro antimafia le visite le guida una signora polacca dall’italiano incerto, che conosce poco della storia della Sicilia e di Corleone ma in compenso è parente di un politico locale.

Corleone, senza i Ragazzi del Cidma, sarà più povera, la Sicilia anche.

Dispiace molto che le istituzioni pubbliche – l’Ente regione, la Commissione antimafia regionale e nazionale, la Prefettura di Palermo – non abbiano colto appieno il fondamentale ruolo dei ragazzi di Corleone, assicurando la dovuta e concreta attenzione ad una struttura come il Cidma, per la straordinaria funzione di riscatto della Sicilia e dei siciliani che essa ha rappresentato, proprio in un luogo fortemente simbolico dove l’immagine della nostra terra è stata compromessa dalla violenza mafiosa.