Cara Elly, sono un militante del Partito Democratico siciliano. Uno dei tanti (in Sicilia, però, forse sarebbe meglio dire uno dei pochi) che hanno deciso di tesserarsi e tornare alla politica attiva sull’onda della tua candidatura alla segreteria, nella speranza che la ventata di rinnovamento arrivasse anche nella nostra isola.

Purtroppo, almeno finora, così non è stato: a dispetto di un popolo sempre più rinsecchito di militanti speranzosi in pratiche di buona politica, qui da noi la fanno da padrone le logiche di corrente, il carrierismo e le pratiche consociative.

Il congresso regionale imminente potrebbe essere un’occasione di svolta, un modo per ridefinire il ruolo del partito, la sua collocazione, il programma di governo e individuare i possibili alleati (in terra di Sicilia, poi, oltre alle sigle sarebbe buona norma guardare anche alla storia politica delle persone che le rappresentano). Il momento giusto per elaborare un progetto che sviluppi alcuni punti fondamentali, frutto di una visione di sviluppo sostenibile. Per capirci: niente rigassificatore, niente inceneritori, dismissione graduale dei grandi petrolchimici inquinanti e pericolosi, nessun ponte sullo stretto; ma tutela del territorio, valorizzazione dei beni culturali, sviluppo delle energie rinnovabili, difesa intransigente dei beni comuni: suolo, acqua, sanità, scuola; senza dimenticare la lotta alla mafia.

Poi, ancora prima, bisognerebbe prendere atto che il partito deve affrontare una questione morale non più rinviabile. Dico questo pensando alla figura di Enrico Berlinguer, la cui immagine è raffigurata nella nostra tessera del 2024, e al suo insegnamento che individuava la causa della questione morale non solo nella scarsa probità di molti amministratori e dirigenti politici, ma soprattutto nella occupazione sistematica della pubblica amministrazione da parte dei partiti, diventati macchine di potere e di clientela. 

Non è possibile criticare di giorno quello che è il peggiore governo regionale della destra, per poi concluderci accordi nella notte. Denunciare i favoritismi, ma poi accettare di lottizzare pezzi della finanziaria regionale; criticare le nomine negli enti pubblici, ma poi lasciarsi allettare dalla designazione di qualche membro in qualche consiglio di amministrazione; evidenziare le pratiche clientelari e il nepotismo, ma poi sfruttare le occasioni per sistemare parenti e amici.

Il modo in cui è cominciata la fase congressuale, non è proprio quello giusto per provare a cambiare profondamente il partito, rigenerandone lo spirito. Perché di questo c’è bisogno. Invece, la rappresentazione offerta finora dalla nostra comunità è per certi versi imbarazzante, per la “qualità” del confronto e per la scarsa capacità di decisione.

Da settimane vanno avanti schermaglie tra le correnti per definire le modalità dell’elezione del nuovo segretario. Uno scontro tra il metodo aperto delle primarie e quello riservato ai soli iscritti che, pur ammantato da nobili riferimenti alla partecipazione e alla democrazia, è portato avanti per mere convenienze elettorali. È un dibattito fuorviante, per molti versi surreale, perché tutti sappiamo, dall’esperienza delle precedenti selezioni e considerando lo stato dei circoli del partito, che nessuno dei due metodi garantisce una scelta veramente democratica. Le primarie non rispettano più lo spirito democratico originario, in quanto nelle ultime edizioni abbiamo visto diversi militanti di altre aree politiche recarsi sfrontatamente ai seggi del PD (magari sollecitati dall’amico capo corrente); ma, non è tanto più coerente la votazione dei soli iscritti, perché è notorio che la maggioranza dei circoli siciliani esistono solo sulla carta, ma non svolgono alcuna attività politica. Spesso gli iscritti costituiscono le truppe di riserva da mobilitare proprio in occasione delle varie elezioni di partito. A ulteriore supporto di questa osservazione, basterebbe prendere in considerazione il numero di iscritti al partito che hanno preso la tessera negli ultimi giorni utili per il voto congressuale. Per esempio, nel mio circolo, quello di Agrigento, i due terzi degli attuali iscritti hanno aderito al partito proprio negli ultimi giorni dell’anno, appena in tempo per votare al prossimo congresso.

Lo spirito, il tono, gli argomenti della contrapposizione tra le correnti di questi giorni, non lasciano presagire niente di buono e sicuramente non suscitano l’interesse dei siciliani, neanche di quei pochi che vorrebbero partecipare alla costruzione di un Partito Democratico rinnovato. Comunque vada, lo scontro lascerà macerie e farà crescere la disaffezione per la politica nel popolo della sinistra. Peggio, poi, sarebbe una finta pacificazione raggiunta tramite il collaudato sistema degli accordi per garantirsi reciproche carriere personali.

E allora, come se ne esce da questa situazione, per provare ad avviare un percorso di rinnovamento che rilanci il PD siciliano? Partito che oggi occupa l’ultimo posto tra le regioni italiane per consenso elettorale (qualcuno dell’attuale gruppo dirigente e dei parlamentari si è interrogato sulle cause di questo scadente risultato, proprio in una delle regioni dove più forte è il disagio sociale?).

L’unica soluzione sarebbe quella di un intervento diretto della segreteria nazionale, non certo per mediare tra le correnti, bensì per guidare la fase congressuale, appoggiando una candidatura di prestigio, in grado di imporsi con la propria credibilità alla guida del partito siciliano.

Ci sono diverse personalità che per levatura culturale, esperienza e preparazione politica, arte di governo della cosa pubblica, passione per l’impegno sociale, storia di coerenza nelle scelte passate, riconoscibilità da parte del nostro elettorato, sono in condizione di svolgere al meglio il ruolo di allineare il partito siciliano allo spirito di rinnovamento impresso dalla direzione nazionale.  Ne cito alcuni, in ordine alfabetico: Valentina Chinnici, Antonio Nicita, Franco Piro, Peppe Provenzano.

Ci sono anche altre personalità, fuori dal partito, che risponderebbero egregiamente alla bisogna e, molto probabilmente, avrebbero anche una maggiore capacità attrattiva nei confronti del popolo frammentato e deluso della sinistra, che oggi in larga parte ha rinunciato alla militanza attiva e persino al voto.

Penso, ad esempio, a personalità come Fausto Melluso, Claudio Riolo, Alessandra Sciurba.

Cara Elly, il Partito Democratico di oggi non sa rispondere adeguatamente al bisogno di cambiamento dei siciliani e costituisce solo una macchina ben rodata per sostenere le carriere politiche di alcuni capi corrente: è una verità semplice e lampante.

Altrettanto evidente è l’incapacità di questo partito a rigenerarsi. L’unica possibilità è quella di un intervento esterno che ne corregga almeno le storture più evidenti e avvii un percorso di cambiamento radicale.

Pertanto, molti in Sicilia auspichiamo un tuo autorevole pronunciamento.  

                                                                                             Con cordialità e stima

                                                                                                    Nino Cuffaro

                                                                                   Segretario del circolo di Agrigento