di Giulia Laiola

L’abitudinarietà quando è totalizzante ottunde spesso la conoscenza, la voglia e la curiosità di scoprire il nuovo. Sovente, in libreria, ripongo fiducia nei soliti autori che accompagnano la mia solitudine e, non per questo, la voglia di conoscenza. Dialogando con mio padre sui capisaldi della letteratura siciliana ecco che vengono a galla delle falle imperdonabili del mio universo di lettrice bulimica, che mi conducono inevitabilmente verso gironi di indolenza severa e di mediocrità imperdonabile. Sicchè egli, mio padre, con pazienza stila per me una breve lista per cercare di salvarmi dall’ignavia e stimolare quella sopita curiosità che è poi amore per la conoscenza.

Così, scopro Maria Messina, siciliana, di natali palermitani, del 1887, amica di Giovanni Verga. Questi ne scoprirà l’incredibile talento che prenderà una via del tutto autonoma e indipendente dal filone verista. Quello che la Messina scandaglia con fervore realista è l’universo femminile, quello della donna siciliana degli anni ‘20 del secolo andato.

Il romanzo La casa nel vicolo, considerato da molti il suo capolavoro, si apre con Nicolina che cuce al balcone, sfruttando la tenue luce crepuscolare, approfittando dell’assenza del cognato, Don Lucio. Questi è un uomo molto in vista nel paesino siciliano, cura e amministra i beni del Barone Rossi. Ma è anche despota autoreferito della propria famiglia in cui detta regole e consuetudini ferree, reprimendo qualsiasi condotta che possa oltraggiare il suo volere. Sua moglie, Antonietta, assieme alla sorella si occupa della casa e accudisce con devozione i suoi tre figli, totalmente asservita ai capricci del marito. Tutti i componenti sono imbrigliati in un rapporto casalingo opprimente, dove vige un autoritarismo patriarcale e spersonalizzante, dove mostrare un sorriso è giudicato dal capofamiglia come mancanza di rispetto e foriero di pericolose leggerezze. Come dirà Nicolina ”le donne sono nate per servire e per soffrire. Non per altro ”(pag.47).

A pagare le conseguenze di questo clima così soffocante sarà il giovanissimo Alessio che cercherà disperatamente la complicità nella zia per portare poco per volta le donne alla luce, fuori dalle mura domestiche, per godere di quel mare del quale si avvertiva solo la presenza, l’odore intenso.

“…accanto al nipotino ricuperava la letizia dell’adolescenza così presto fuggita. Via via che Alessio cresceva, Nicolina si illudeva di vivere una seconda volta…”(pag.86).

Nell’incalzare della storia, che ha come unico scenario la casa, il fine lettore proverà quel sentore di tragedia imminente che lo guiderà verso una fine già velatamente annunciata. E sarà anche la fine che spegnerà la fioca luce della casa nel vicolo.

“….ciascuno visse per sé con una grande solitudine dentro l’anima, estraneo , indifferente a quelli che respiravano la stessa aria e tagliavano lo stesso pane, come gente che vive nello stesso albergo senza conoscersi…” (pag.113).

Di Bac Bac