di Vittorio Alessandro

foto di Vittorio Alessandro

Ai simboli spetta di doversi muovere, a volte, tra la folla che attende di poter restituire, come uno specchio, la testimonianza di un legame: sacro, come sono i vincoli più profondi.

Un esempio è l’Amerigo Vespucci, la nave più bella del mondo, come qualcuno ha giustamente ripetuto in questi giorni, ma anche l’importante luogo di iniziazione dei cadetti ufficiali alla vita del mare. Nell’Arsenale della Spezia, dove la Nave trascorre gran parte dell’anno, se ne scorge distrattamente la sagoma percorrendo la provinciale per Portovenere. È quando, però, si agghinda alla partenza facendo scalo nel porto cittadino che esplode una grande partecipazione di affetto, come per il rientro da una lunga e sofferta assenza.

Azzardo un accostamento ardito con il simulacro di San Calogero, santo nero amato nell’agrigentino che, dopo i lunghi mesi trascorsi in una cappella silenziosa, una volta all’anno scende per le strade fra rollii e beccheggi, incalzato dal ritmo dei tamburi e da un popolo che nel Santo rispecchia povertà e sofferenza, e ripone in lui le speranze.

In una lontana domenica d’estate Andrea Camilleri svolgeva, nella sala affollata del municipio di Porto Empedocle, una conferenza sulla storia del paese e sulla comunità amalfitana che, alle origini, vi si insediò. A un certo punto, avvertimmo l’avvicinarsi della processione di San Calo’: il campanaccio, i tammurinara, la banda, le grida. Qualcuno propose di sospendere la riunione, qualcun altro voleva chiudere i balconi, ma Camilleri si oppose e, da grande affabulatore qual era, man mano che il clamore aumentava, alzò il tono di voce per descrivere il frastuono del porto degli anni Sessanta, dei carretti, dei camion, dei carri ferroviari, dei nastri trasportatori: il rumore senza sosta in cui sono cresciuto e al quale attribuisco – ancora oggi che il porto è spento – il parlare quasi gridato di molti compaesani.

È un peccato che, sul fragore dell’abbraccio al Santo e sulla scomposta passione nei suoi confronti, le autorità agrigentine non abbiano saputo costruire allo stesso modo, decidendo invece – per la prima volta e per ragioni di ordine pubblico – di relegare i fedeli di San Calo’ ai margini del sagrato.

Di Bac Bac