di Pepi Burgio

D’accordo, non è poesia, forse neanche letteratura, eppure si è imposta nel corso del tempo conquistando il cuore dei potenti e degli umili che hanno amato le sue melodie, la soavità dell’intrico delle parole, la misteriosa malia della musica che la sorregge.

            La canzone italiana, pur gocciolante nel tempo di sconvenienze e sconcezze, nei giorni scorsi ha toccato il fondo in un osceno mescolamento di rutti spacciati per messaggi politici, silhouette che ricordano i graffiti delle latrine delle stazioni, mise di impareggiabile laidezza a decorare poveri corpi cui andrebbero destinate fragorose pernacchie se non suscitassero una  infinita tristezza.

            Che fine ha fatto quella canzone italiana “in giacca e cravatta” che alla fine degli anni ’60 incrociava una certa sensibilità giovanile con i suoi fremiti libertari, le sue ingenue e generose velleità salvifiche. E quell’altra che ha accompagnato, grazie al talento dei musicisti e dei parolieri, i turbamenti e le eccitazioni di un paio di generazioni?

            Alla forma-canzone, anche riconoscendo la delicatezza della sua identità statutaria, va attribuito un ruolo primario, insostituibile, popolare nell’educazione sentimentale di centinaia di migliaia di uomini e donne che ad essa hanno affiliato gli innumerevoli riverberi affettivi, emotivi, morali, sociali, delle proprie esistenze; ed è per questo che, pur preferendo di gran lunga le sonorità provenienti da oltremanica ed oltreoceano, il recente scempio mi è apparso particolarmente intollerabile, anche se, come sottolinea qualche attento osservatore, ciò non è altro, sia pure parzialmente, che il rispecchiamento dello Spirito del tempo.

            Infine, l’oltraggio dei fiori, del carattere sacro che rivestono, della simbologia in essi racchiusa che investe l’amore e la morte.

Edgar Allan Poe ne elencava alcune caratteristiche come possibile fondamento del “Principio poetico”: le volute di un fiore, la fragranza della violetta, il voluttuoso profumo del giacinto; inoltre gli astri splendenti nel cielo, la flessuosità di alti alberi orientali, i canti degli uccelli, il sospiro dei venti notturni, le onde che si frangono come un gemito sulla spiaggia, la bellezza della donna, la grazia del suo incedere, lo splendore dei suoi occhi, le sue avvincenti tenerezze, i suoi ardenti entusiasmi, la divina maestà del suo amore.

            Che aggiungere.

Di Bac Bac