di Vito Bianco

La caverna

E uno disse: “In fondo, non si stava così male”.

L’ora

Una mattina di vento forte, un uomo uscì dalle porte scorrevoli di una banca e guardò l’ora sul quadrante del suo orologio. In un lampo seppe che era l’ultima.

Palace Hotel

Una donna, bella e disperata, in una notte di luna piena si ricordò dell’amante che l’aveva abbandonata cinque anni prima. Nello stesso momento l’uomo, nella stanza numero 110 del Palace Hotel di Stoccolma, scriveva le sue ultime parole sul retro di una busta gialla.

Giuramento

Una mattina di giugno, a Parigi, due giovani innamorati, seduti su una panchina del Bois de Boulogne, giurarono che non si sarebbero mai lasciati. Cinquant’anni dopo sono ancora lì.

Lo sconosciuto

Ieri sera, un uomo che non avevo mai visto è venuto a bussare alla mia porta. Ha detto di essere il mio assassino e l’ho fatto entrare.

Mia moglie

Ieri sera, una donna ha bussato alla mia porta e ha detto di essere mia moglie. Ma se lei era mia moglie, la donna in cucina che stava lavando i piatti della cena, chi era?

La ragazza

Ieri sera, verso le dieci, ho sentito bussare alla porta. Non avevo voglia di vedere nessuno e ho fatto finta di non esserci. Ma altri colpi, più forti e insistenti, hanno mandato in frantumi la mia già fragile finzione. Quando ho aperto la porta la ragazza con la pistola mi ha sorriso e ha sparato, augurandomi la buona notte. È a questo punto che ogni volta mi sveglio.

Tulipani

A pagina 34 del giornale di oggi ho letto che una donna di 72 anni ha portato ogni domenica, per mezzo secolo, tre tulipani gialli sulla tomba del cane di un’amica morto per una sua giovanile negligenza.

Sosia

Una mattina molto presto un uomo sulla sessantina, guardandosi nello specchio del bagno, scoprì di essere diventato il sosia del padre che aveva sempre odiato.

La vittima

Stamattina mi ha chiamato un amico di adolescenza che non vedo da trent’anni. Mi ha detto che da due anni ha una malattia sulla quale i medici non sanno dire nulla di preciso. Prende peso, ha forti dolori muscolari e movimenti incontrollati degli arti. Anche solo tenere in mano un libro è per lui un tormento. I familiari non capiscono perché si lamenti tanto, a vederlo non sembra poi così malato. “I miei figli mi ignorano” mi ha raccontato, con una voce insolitamente ferma, dura. “E mia moglie ogni tanto mi chiede quando la smetterò di fare la vittima”.

Gradi di separazione

Giovanna ama un uomo che ama una donna che tradisce l’uomo con cui è sposata da tre anni con il fratello di Giovanna, anche lei sposata da tre anni con un cugino dell’uomo tradito.

Fede

Un uomo ancora giovane dà ai poveri tutto quello che possiede e si ritira in un monastero sulle Dolomiti. Prega, lavora, si allena a dimenticare il mondo. Ma un anno dopo, saputo della morte del nipote di tre anni, che  non aveva mai voluto dimenticare, lascia il monastero e scompare.

Somiglianza

Una mattina, una donna di quarant’anni lasciò la casa nella quale viveva da dieci anni con un uomo che diceva di amare e non vi fece più ritorno. Passarono vent’anni, e una sera, mentre era seduta nella sala d’aspetto della stazione di Verona, vide un uomo che somigliava al marito come doveva essere ora e pianse.

Pedinamento

Da cinque giorni seguo una donna che mi ha stregato. Non è bella, e forse più di uno la troverebbe quasi brutta. Quello che più di tutto mi piace di lei è il gesto che fa con la mano per scostarsi dalla fronte una ciocca di capelli. Non vedo l’ora di baciarle il teschio tatuato sulla spalla sinistra.

L’incontro

Ci sono due uomini che non si conoscono e io sono uno di loro. Uno vive in Baviera, e parla la stessa lingua del primo ministro, del panettiere, e del noto sociologo Hans Peterstein. L’altro vive a Bilbao, si chiama Enrique e di professione fa il pubblicitario. Sono lontani, ma uno dei due ha sognato l’altro ed è convinto che prima o poi si incontreranno nel salone delle feste di un transatlantico.

Il mendicante

Molti anni fa, a Madrid, in un angolo della calle Mayor, un mendicante recitava a occhi chiusi ai passanti che si fermavano per lasciar cadere una moneta nel sombrero di paglia ai suoi piedi, una quartina di endecasillabi che cominciava col verso “Que no lo sepa nadie lo que estoy sufriendo”. Oggi sono io che la recito, ma tenendo gli occhi aperti.

Il tuffo

Una volta, un uomo di trent’anni, salvò con un tuffo un bambino di cinque anni che stava per essere investito da una macchina. Trascorsero vent’anni, e quel bambino, che si chiamava Pietro, una mattina, con due complici,  entrò mascherato e armato nella sede di una banca. Uno degli impiegati tentò di azionare l’allarme ma fu visto da Pietro, che sparò un colpo di pistola uccidendolo all’istante. Il morto era l’uomo che gli aveva salvato la vita.

Un re

Una volta, in Danimarca, un re infelice promise con un bando fatto giungere anche nel più lontano villaggio del regno, che avrebbe ricompensato con duecento monete d’oro l’uomo – o la donna – che fosse riuscito a guarirlo da quella tormentosa infelicità. Si presentarono in molti, maghi, sciamani, venerabili saggi, ma nessuno riusciva a guarire il povero re, sempre più assediato da cupi pensieri. Poi giunse un nano, che disse al re: “Passa la corona a tuo figlio, e va’ per il mondo da povero: sarai sempre lieto”. E così fu.

La forza

Un giorno di aprile di qualche anno fa, un uomo che aveva superato da poco il mezzo secolo, si sentì improvvisamente felice. Non era successo nulla di speciale, ma forse un’immagine del lontano passato che riposava in uno strato profondo della sua memoria era inaspettatamente riaffiorata, suscitando in lui quel sentimento che, senza nemmeno pensarci, chiamò felicità. Durò meno di un minuto, ma il ricordo di quella forza l’avrebbe accompagnato per sempre.

Gustavo

Stavamo bevendo la nostra birra quotidiana a un tavolo di Spontini,  quando il mio amico Gustavo, il mio migliore amico, forse l’unico vero amico che ho, ha detto: “Mia moglie non mi ama più”. Rimasi di stucco. “Te lo ha detto lei?” gli ho chiesto. “No” ha risposto, “l’ho capito da solo”. “Da cosa?” “Dal fatto che quando in un sogno che fa ci sono io, la mia faccia è sempre quella di un altro”.

Trasformazione

Una mattina, un uomo solo, si svegliò da un sogno tranquillo e, verso la fine anche piuttosto piacevole, e si trovò trasformato in uno scrittore che avrebbe dato molto filo da torcere ai critici letterari di tutto quel secolo e oltre. Bene, si disse, mettiamoci a lavoro. Prese una penna, aprì un quaderno e scrisse: “Una mattina, svegliandosi da sogni inquieti, Gregor Samsa…”

Tre

Immagini ora, seduto di fronte alla finestra che ti fa vedere la metà sinistra di tre balconi sulla facciata  beige del condominio di fronte, che tre alter ego vivano e si muovano in tre diversi continenti, ciascuno con una sua specifica personalità e carattere, ciascuno quindi con un suo unico e irripetibile destino. Loro vivono, amano, lottano per qualcosa, tradiscono, si pentono e tu da lì dove sei ne senti l’inquietudine, la rabbia e la convinzione come se fossero tue e non le avessi soltanto immaginate.

La zingara

Una sera, un giovane uomo che aveva compiuto trentadue anni una settimana prima, cedette alle insistenze di una zingara e si fece leggere la mano. La zingara, una donna che dimostrava più di cinquant’anni ma che forse non ne aveva nemmeno quaranta, gli prese la mano sinistra e si concentrò sulle linee del palmo. Poi senza guardarlo gli voltò le spalle e se ne andò. L’uomo si portò la mano aperta davanti agli occhi miopi e lesse quello che la zingara aveva appena finito di leggere.

La canzone

Una sera, in una città dell’Italia centrale, credo Pescara, un uomo e una donna che molti anni prima avevano avuto una breve relazione, si ritrovarono sotto un porticato dove, provenienti da direzioni opposte, si erano rifugiati per ripararsi da un acquazzone improvviso. Si sorrisero, imbarazzati, e aspettando che spiovesse parlarono di quella insolitamente piovosa primavera e insieme pensarono che erano diventati quelli della canzone.

Giuda

Gesù offrì ai suoi una cena che doveva essere di commiato. Mangiarono pesci di lago, bevvero vino forte, parlarono del più e del meno, ricordarono gli ultimi accadimenti e lo stupore quasi doloroso negli occhi del giovane Lazzaro che il maestro aveva strappato alla morte. D’un tratto Gesù disse: “Uno di voi mi tradirà”. Si separarono, e tutti pensarano che doveva essere impazzito. Passarono mesi, passò un anno, si  avvicendarono due generazioni, e ancora Gesù, nelle notti di insonnia, ripensava con rabbia a Giuda, morto di vecchia, che era venuto meno al patto.

Ritorno

Due sere fa è tornato mio fratello. Era pallido, dimagrito, teneva lo sguardo basso e non ha sorriso  nemmeno una volta. Gli ho domandato come stava e mi ha risposto che era un po’ stanco, che tra qualche giorno, quando avrà recuperato le forze, tornerà quello di prima. “Almeno per qualche giorno” ha aggiunto. Perché per qualche giorno? avrei voluto chiedere. Ma sono stato zitto, per paura di sentire quello che non volevo sentire. “Il viaggio, sai, è una specie di pena quando di colpo ti ritrovi oltre il confine” ha detto ancora Giancarlo. E, dopo una breve pausa: “Gli effetti non possono durare” (sembrava avermi letto nel pensiero), “i trapassati sanno che presto ricadranno nel loro nudo sonno”.

Odio

Un uomo odia un noto politico. Lo spia, lo segue, gli sbarra la strada, gli manda all’aria i piani, lo diffama, scrive lettere  ai giornali, alle televisioni, alle radio nelle quali lo accusa di meschinità, di vili sotterfugi, dei più infami tradimenti, sogna la sua morte con la stessa intensità con cui si sogna il corpo amato assente. L’uomo odiato non sa chi sia ad odiarlo tanto. Lo sa la donna che gli dorme accanto, che mai lo dirà.

Sacrificio

Ora che ho l’età che aveva lui allora, posso dirlo: non fu la voce del cielo a fermare la sua mano, ma una parola che dissi quando aveva già alzato il coltello.

Un lettore

Un giorno di quindici anni fa, un uomo piccolo, magro e pelato che amava leggere più di ogni altra cosa al mondo, entrò in una libreria della grande città europea in cui viveva e si perse tra le pagine di un romanzo russo del diciannovesimo secolo. Gli amici lo stanno ancora cercando.

Acqua

Ho conosciuto un uomo a cui quattro gerani sul balconcino al primo piano di un vicolo di Genova hanno chiesto un bicchiere d’acqua.

Panchina

L’ultimo senza tetto che mi ha dormito addosso non mi ha fatto chiudere occhio.

La voce

Mi chiama alle ore più impensate, quando meno me l’aspetto, quando sono su una pagina, quando cerco di incastrare una definizione difficile di un cruciverba, quando sto scolando la pasta, quando sono sul punto di addormentarmi, quando dalla finestra guardo il vicino che corre sul tapis roulant, quando penso alla maestra Settembrini che mi prestava i libri di Jules Verne, quando osservo le figurette colorate di Haring che ballano allegramente e cerco di farmi venire in mente una frase, un accordo da cui cominciare non so bene cosa…
Se rispondo e dico pronto, lui (o lei) dice un nome, con una vocina rauca e lontana, una vocina da pellicola dell’orrore che mi fa pensare a una creatura nascosta, intrappolata, a un’anima in pena, una pena che somiglia e non somiglia alla mia di questi giorni di passeggiate all’ombra dei tigli e delle querce e di cinema all’aperto. Se invece rispondo ma non dico niente, anche lui tace per due secondi e poi chiude la comunicazione senza farmi sentire nemmeno un flebile sospiro.
Se invece sono io a chiamare non risponde; e devo ammettere che ci rimango male, come se a ignorarmi fosse un amico fidato o una fidanzata che così facendo mi manda un segnale di conseguita indifferenza.
Vorrei sapere chi è quella voce, cosa vuole da me. Vorrei sapere perché non mi parla e mi chiama con il nome del fratello che non ho mai conosciuto.

Di Bac Bac