di Nuccio Dispenza

“Una tragedia… La mia vita è in pericolo…Mi dicono che devo aspettare…”. Si chiamava Izabela la donna lasciata morire perché le è stata negata l’interruzione di gravidanza. E’accaduto in Polonia, quella Polonia trascinata a destra da un regime liberticida ed isolazionista. Quella Polonia che è modello per Salvini. La tragedia di Izabela è rimasta fuori dalle news del nostro Paese, e invece va ripresa e raccontata, soprattutto alle donne. Perchè sono le donne in Polonia le prime vittime del regime, e per questo le prime in piazza, a Varsavia e in tante altre città ad urlare il loro NO ad una deriva che non si ferma neanche davanti all’orribile. Cosa è accaduto, cosa accade, cosa potrebbe accadere domani anche da noi, se solo vincesse il modello degli alleati di Salvini. Per la stretta legislativa imposta alle donne dal governo liberticida di Varsavia, i medici se ne sono stati con le mani in mano mentre la donna viveva un doloroso calvario: prima ha dovuto attendere che morisse il feto che portava in grembo, poi è stata lei a morire. E questo in corsia, con la febbre a 40, spia dell’infezione che la stava uccidendo, senza alcun aiuto. TVN ed OKO.press, coraggiose testate libere polacche, hanno reso pubblici i messaggi tra la giovane donna e la madre. Un calvario scioccante, tragica diretta che ha saputo raccontare la crudeltà del regime di Varsavia, che in questi giorni sta attuando – nel sostanziale silenzio della nostra informazione – anche una vera caccia all’uomo contro i magistrati liberi che non sono disposti ad assecondare la svolta isolazionista e antieuropea del governo di destra, anche in tema di giustizia.

Nel tragico collage di messaggi che la giovane donna ha scambiato con la madre c’è la morte in diretta. Un racconto che inchioda il regime alle sue responsabilità. Ma si sa, i regimi non hanno rossore e in queste ore accade che la destra al potere a Varsavia arrivi a dire che la responsabilità della morte di Izabela non è della legge voluta dal Pis, il partito al potere, che la responsabilità non è della legge varata nell’ottobre del 2020, ma della natura. “Tutti devono morire – è stato detto dagli uomini al potere a Varsavia – e si sa che le donne possono morire di parto”. Parole orribili in uno scenario orribile. Se noi possiamo oggi rileggere quel che Izabela ha raccontato nelle sue dolorose, ultime ore di vita, lo dobbiamo al coraggio della madre, e al coraggio di TVN e di OKO.press. Parlano e denunciano, seppure in una atmosfera cupa, col potere che perseguita la libertà di espressione. Ecco l’agghiacciante racconto di Izabela, le 9 ore che l’hanno portata alla  morte.                                                       

Quel che scrive alla madre è una testimonianza scioccante della sofferenza, della paura e dell’impotenza di una donna di fronte alla passività dei medici. Le responsabilità del potere sono state messe a nudo dal racconto di Izabela, dalla mamma, la signora Barbara che ha mostrato a TVN i drammatici messaggi della figlia.                                                                                                             

La cronaca. La donna incinta si presenta all’ospedale distrettuale di Pszczyna, perde liquido amniotico. Al momento del ricovero sono confermati gravi complicazioni della gravidanza,  difetti del feto erano stati precedentemente diagnosticati. I medici si limitano ad aspettare, muore il feto, e dopo meno di un giorno – il 22 settembre – muore anche la donna. Causa della morte, un prevedibile e inesorabile shock settico. Nei messaggi inviati alla famiglia e agli  amici Izabela ha riferito che sono stati gli stessi medici a dire che loro avrebbero soltanto aspettato, senza intervenire, senza svuotare la cavità uterina alla morte del feto, intervento che avrebbe salvato la vita alla donna. In corsia e di fronte al rischio di morte, è prevalsa la forza di una legge crudele e contestatissima che ha cancellato alle donne la possibilità di interrompere la gravidanza anche in presenza di motivi seri. 

“Izabela sentiva che qualcosa non andava, che i medici, invece di salvarla,  semplicemente aspettavano”, ha detto Kamila Ferenc della Federazione per le donne e la pianificazione familiare, in contatto con il fratello della donna, in un’intervista a OKO.press. E’ il 3 novembre quando il programma di TVN  rivelat alcuni dei tanti messaggiche Izabela ha inviato a sua madre nel giorno che ha preceduto la sua morte.                                                                                                                           

Uno dietro l’altro, i messaggi disegnano un quadro scioccante di sofferenza, paura e impotenza, di fronte al rapido deterioramento della situazione, di fronte e passività dei medici, dettata dalla recente legge. 

Izabela va all’ospedale di Pszczyna la mattina di martedì 21 settembre.  Scrive alla madre:”Il bambino pesa 485 grammi. Per ora, per la legge sull’aborto, devo solo sdraiarmi e aspettare, E non c’è niente che possano fare. Aspetteranno fino a quando non morirà o qualcosa inizierà, posso aspettarmi la sepsi “. Quando Izabela scrive sono le 09:31, è stata appena stato ricoverata.                                                                                                                                         

“Non possono accelerare il travaglio… Deve smettere di battere il cuore…”. Izabela sente che le sta accadendo qualcosa: “Potrebbe intervenire la sepsi in qualsiasi momento”, scrive alle 11:50 del mattino. “Dicono che non possono fare nulla…”. Un attimo dopo, descrive la sua condizione. “Mi sento come se avessi una sorta di infiammazione. Mi fanno male le ossa. Ho freddo…”.   

                                                                                                                     

La madre le chiede se le danno qualcosa per accelerare il parto.              Isabella: “No, dicono che non possono. Devono aspettare che inizi da solo. E se no, aspettiamo che il cuore smetta di battere”.   

La madre è preoccupata, si dispera per quella figlia sola, in corsia, senza aiuto. “Lo so – risponde Izabela – ma dicono che la procedura è questa”.                                                                                                                           

La sera, alle 20:55, Isabella scrive alla madre: “Mi hanno fatto una flebo perché tremavo per la febbre alta. Sono stata io a procurarmi un termometro, nessuno lo aveva fatto. Ho 39,9…”.

Izabela non ha più forze, chiede ad una donna del letto accanto di aiutarla a chiamare qualcuno del personale, un medico.                                                                                                                     

Scrive: “Ho avuto un CRP elevato [test della proteina C-reattiva utilizzato m.in per rilevare infezioni intrauterine associate alla rottura prematura del sacco amniotico – nota del redattore di TVN]. Domani  ripeteranno il test, solo domani, perchè hanno detto che non era poi così male”. Madre: “Beh, perché hai un’infiammazione in corso… È un peccato che non facciano nient’altro”.  Izabela: “Dicono che non possono… “Devi aspettare!, mi ripetono”.  Madre: “Ma ti succederà qualcos’altro!”. Izabela: “Finché il cuore smette di battere”. 

“Ma è orribile quello che stanno facendo”, risponde Barbara alla figlia.                                                                                                       

Sono le 22:56 quando Izabela digita queste parole sul telefonino e invia il messaggio alla madre: “Tragedia! La mia vita è in pericolo”. L’ultimo scambio di messaggi tra madre e figlia è delle 23,02. Barbara da la buonanotte a Izabela con alcune faccine sorridenti.                                                                                                                                                                    Nel servizio di TVN, il giornalista sfoglia le cartelle cliniche e legge ad alta voce: “Alle 4.20 del mattino il medico di turno è stato avvisato telefonicamente del dolore all’addome inferiore, senza sanguinamento. Alle 4.39, contrazione. Il fluido libero nell’addome non viene trovato. Si è deciso di eseguire un taglio cesareo”.  Sono le 7.39 quando sulla cartella clinica viene annotata la morte di Izabela.

Di Bac Bac