di Nino Cuffaro

(Van Gogh, Campo di grano con corvi)

I nostri amministratori sembra siano molto impegnati in ragione della loro carica e, pertanto, non possono perdere tempo per rispondere a domande, richieste di chiarimenti e confronti con la città. Li immaginiamo tutto il giorno indaffarati ad elaborare proposte, discutere e confrontarsi su come rendere la città più pulita e decorosa, sul piano traffico, sulle infrastrutture fisiche e digitali, sul recupero delle zone degradate, sulla politica culturale, sulla definizione delle opere incomplete, sul rilancio dell’università, sull’accesso ai bandi europei, sui finanziamenti del PNRR ed altro ancora. Però, a parte l’assenza di segni visibili di tutto questo lavorio per la collettività, spesso vengono fuori notizie che instillano in noi il dubbio che la direzione di governo della città porti da tutt’altra parte.

Già quest’estate, in occasione dei contributi distribuiti alle associazioni cittadine, si è palesata la totale assenza di qualunque progetto culturale e la tendenza a gestire il denaro pubblico per elargire regalie e mance elettorali. In seguito, si è aggiunta la vicenda delle modifiche alla fondazione del Teatro Pirandello, con il brusco benservito agli artisti, che con impegno hanno rilanciato il teatro in questi anni, e l’ampliamento delle nomine riservate al sindaco, a presagio di imminenti nuove nomine lottizzate. In questi ultimi giorni, poi, si è appreso del diniego al coro di Santa Cecilia all’utilizzazione di una sala del monastero di Santo Spirito, finora sede delle prove dei cantanti. Si nega, a quella che è una vera e propria istituzione artistica di eccellenza, riconosciuta anche in contesti internazionali qualificati, l’uso di una piccola sede, il cui utilizzo da parte dei coristi non ha procurato finora alcun nocumento alle esigenze degli uffici comunali. Decisione inspiegabile, non accompagnata da alcuna motivazione da parte dell’assessore alle attività culturali o del sindaco, che interpellati non danno alcun riscontro. Come dicevamo, sono molto impegnati e non hanno tempo per rispondere e motivare i loro atti.

(Van Gogh, Natura morta con mele)

Ma c’è un’altra vicenda venuta alla luce la scorsa settimana che, assieme ai casi citati, dà bene l’idea della qualità dell’amministrare di questa giunta. Mi riferisco alla determina sindacale del 22 ottobre scorso, con la quale è stato nominato il nuovo dirigente dell’ufficio tecnico comunale, ricorrendo ad un professionista esterno, per un costo annuo pari a 100.000 euro. È risaputo che il nostro comune versa in una situazione finanziaria di predissesto e non ha neanche la disponibilità di cassa che gli consenta di affrontare anche spese minime, dell’ordine di poche migliaia di euro. È proprio con riferimento alla carenza di disponibilità finanziarie che gli amministratori giustificano l’assenza di potature degli alberi, della manutenzione anche minima di strade e marciapiedi o della pulizia delle caditoie pluviali (il tempo sia clemente con la città). Sempre con ragioni finanziarie viene spiegata la rinuncia all’attivazione dei PUC (Progetti Utili alla Comunità), che avrebbero consentito l’utilizzo di diverse decine di operai percettori del reddito di cittadinanza, per lavori di pubblica utilità: pulizie di strade, giardinaggio, lavori di piccola manutenzione, sorveglianza di uffici pubblici ed altro ancora. Il comune avrebbe dovuto affrontare solo le spese relative alla assicurazione contro gli infortuni e quelle per procurare una minima dotazione di attrezzature e materiali. Sarebbero bastati qualche migliaio di euro per eliminare tante lapazze dalle strade cittadine e rendere il traffico più sicuro e scorrevole. Ma allora, perché si affronta una spesa così rilevante (ripeto, 100.000 euro annui) per assumere un professionista esterno all’organico comunale? Il comune, parallelamente alla selezione di un candidato esterno, dovendo coprire due posti di dirigente dell’ufficio tecnico, ha portato avanti anche una selezione interna con la partecipazione di tre candidati idonei. E quindi, perché è stato scelto un solo candidato interno e non due per la copertura di tutti i posti disponibili, con conseguente aggravio di costi per le disastrate casse comunali? La “diligenza del buon padre di famiglia”, che ogni amministratore farebbe bene ad applicare, vorrebbe che non si acquistasse all’esterno ciò di cui già si dispone al proprio interno, soprattutto quando le risorse finanziarie scarseggiano. La vicenda è poi ulteriormente complicata (o sarebbe meglio dire chiarita?) dal fatto che il nuovo dirigente esterno, a detta dell’ex consigliere comunale Giuseppe Di Rosa (sempre ben informato delle faccende comunali), sarebbe il consuocero dell’on. Roberto Di Mauro, politico di riferimento per il sindaco della città e secondo molti (a partire dai consiglieri di Forza Italia, ex alleati del sindaco) deus ex machina dell’attuale giunta comunale. Se così stessero le cose, è di tutta evidenza che la vicenda sarebbe molto grave sotto il profilo politico e morale. Questo, anche alla luce del fatto che la selezione del professionista esterno non è avvenuta tramite una graduatoria basata su titoli, esperienze, pubblicazioni e prove scritte e orali, come avviene nei normali concorsi pubblici, ma attraverso una valutazione complessiva degli elementi curriculari ed un colloquio teso ad individuare “aspetti attitudinali e motivazionali dei candidati”. Quindi, si è seguito un procedimento che lascia amplissimi margini di discrezionalità nella scelta del vincitore. La questione è molto delicata: quel posto dirigenziale riguarda un settore che avrà nei prossimi mesi un ruolo centrale nell’iter di redazione e approvazione dei nuovi strumenti di pianificazione urbanistica. Pertanto, è essenziale, per resistere ad eventuali probabili pressioni affaristiche e clientelari, che quella carica venga presidiata da un professionista che non sia, e nemmeno sembri, legato in alcun modo al potere politico.

(Van Gogh, Una sera d’estate in città)

Ovviamente, i nostri dubbi e le nostre domande, che poi sono quelli di larga parte dell’opinione pubblica, come è avvenuto per altre questioni che abbiamo sollevato, probabilmente non riceveranno alcuna risposta. Ma noi non smetteremo di ragionare, di chiedere, di informare, quando lo riterremo opportuno.

E non ci faremo scoraggiare dai silenzi del potente di turno.

Facciamo nostra la lezione che Antonio Cederna ha ben spiegato nel suo pamphlet “I Vandali in casa”.

Scagliandosi contro i prepotenti, gli arroganti, gli speculatori, i corrotti (sinteticamente chiamati Vandali) Antonio Cederna così argomentava.

Da tempo immemorabile i vandali trionfano anche per il silenzio delle persone ragionevoli. Simulatori ed ipocriti, i vandali tengono molto alla loro privata rispettabilità̀: giova schernirli e trattarli per quello che sono, malintenzionati cialtroni. Abituati ad intimidire e corrompere, si trovano sconcertati di fronte all’inflessibile denuncia. La loro potenza è fatta di viltà̀ altrui. Occorre sfondare il sipario di complice riservatezza in cui operano, dilatare le loro colpe sul piano più̀ ampio possibile, ridicolizzarli, screditarli. Denuncia, protesta, polemica: in un paese di omertosi e conformisti, l’appello alla verità̀ e alla rivolta morale può̀ almeno essere un elemento di varietà̀”