Le divisioni hanno quasi sempre segnato la storia della sinistra e nel suo piccolo Agrigento non fa eccezione. Alle ultime amministrative, la sinistra era presente con un piccolo raggruppamento guidato da “Articolo Uno”. Il Partito Democratico – privo di tesserati e dirigenti locali – non è stato in grado di presentare una propria lista e si è polverizzato in tante micro-correnti, ognuna alla ricerca della migliore offerta elettorale. Mentre, al di fuori dei partiti, i frammenti di quello che fu il popolo della sinistra, dispersi e delusi, si sono anch’essi divisi tra il non-voto e l’appoggio a diversi candidati. 

Insomma, una situazione confusa e di estrema debolezza, che crea disaffezione nell’elettorato di riferimento e priva la città di una leadership visibile e riconosciuta, capace di una forte proposta di governo, che segni una decisa discontinuità con l’esperienza amministrativa scadente degli ultimi decenni.  

Divisa, malconcia, polemica al suo interno, incapace di una proiezione elettorale significativa, tuttavia della sinistra c’è bisogno.  

Se la difesa del mercato e del profitto costituiscono le fondamenta della destra, con le conseguenti politiche liberiste e il loro carico di competizione e di egoismi individuali, la sinistra è il luogo dell’inclusione, del plurale, della condivisone, della partecipazione. La sinistra non è la sommatoria di tante individualità, ma ciò che appartiene a tutti, a partire dai “beni comuni” che attengono alla ricchezza collettiva, siano essi beni materiali come l’ambiente, l’acqua, l’aria, il territorio, il patrimonio artistico o immateriali come i diritti, i saperi, l’arte e la cultura. 

(Banksy)

E in questa contemporaneità piena di crisi epocali – il riscaldamento globale, la pandemia, le migrazioni, le nuove povertà – in cui la ricchezza sovrabbonda e la povertà dilaga, con l’1% più ricco della popolazione che detiene circa il 50% della ricchezza mondiale, mentre 3,8 miliardi di abitanti hanno accesso solo a meno dell’1% delle risorse, la sinistra con le sue istanze di giustizia sociale è indispensabile per elaborale soluzioni compatibili con le risorse ambientali del nostro pianeta, per modificare gli stili e la qualità della vita di larghe masse di cittadini, garantendo uno sviluppo più ordinato e dignitoso per tutti.  

E noi, nel nostro microcosmo cittadino – archiviando la disastrosa esperienza delle passate amministrative – possiamo seguire a sinistra un modo alternativo nel concepire l’agire politico, che non si esaurisca nella delega elettorale, ma si fondi su un’ampia partecipazione della società civile, in un rapporto di costante confronto, ascolto e verifica tra attività di governo, partiti, associazioni, movimenti e singoli cittadini? 

È questa a strada intrapresa con successo a Palermo dall’esperienza di “Sinistra Comune”, un raggruppamento che vede assieme personalità come Giusto Catania (assessore all’ambiente e alla mobilità della giunta Orlando, dirigente di Rifondazione Comunista), Alessandra Sciurba (responsabile di Mediterranea Saving Humans. Quelli che salvano i migranti che rischiamo di affogare nel Mediterraneo), Antonella Leto (attivista nei comitati per l’acqua pubblica), Barbara Evola (capogruppo in consiglio comunale), ma soprattutto decine di attivisti impegnati nei diversi partiti di sinistra, nei movimenti per i beni comuni, nelle associazioni ambientaliste, nei circoli culturali, e una larga fetta di militanti senza tessera, ma appartenenti al vasto arcipelago della sinistra. 

(Banksy)

Un’assemblea cittadina alla quale non aderiscono soggetti organizzati, ma singole persone, senza mettere in discussione la loro identità politica e la eventuale iscrizione ai partiti. Sinistra comune a Palermo ha ottenuto un risultato elettorale di circa il 7% alle ultime elezioni, ma soprattutto è riuscita ad esercitate una forte egemonia culturale all’interno della squadra di governo. 

Diverse scelte politiche, che hanno migliorato molto Palermo in questi anni, portano la firma di Sinistra Comune: la valorizzazione del centro storico, con il recupero di molte piazze e la pedonalizzazione sempre più estesa; la scelta di privilegiare il trasporto pubblico con le linee del tram, alcune già realizzate, altre da realizzare; la difesa della gestione pubblica comunale dei principali servizi, come il servizio idrico, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, la gestione del verde pubblico, la gestione dei trasporti e dell’energia; l’impostazione del nuovo piano regolatore che prevede zero consumo di suolo agricolo. 

Perché non replicare ad Agrigento l’esperienza vincente di Palermo? Non si tratta di creare una piccola casa per orfani delle tante vicende politiche della sinistra, alle prese con una endemica litigiosità, ma una grande aggregazione capace di una presenza non solo di testimonianza, ma in grado di produrre cambiamenti reali. 

La provincia di Agrigento, peraltro, ha un pantheon ricco di personalità che hanno scritto pagine significative della storia della sinistra italiana: 

  • Lorenzo Panepinto, dirigente di primo piano del Partito Socialista siciliano e leader del movimento contadino, una delle prime vittime del terrorismo mafioso nel 1911. 
  • Cesare Sessa, partigiano, tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia di cui fu membro del comitato centrale e senatore; 
  • Salvatore Di Benedetto, antifascista della prima ora, segretario regionale del PCI, parlamentare, leader delle lotte contadine nel secondo dopoguerra;  
  • Accursio Miraglia, sindacalista antimafia, anch’egli protagonista delle lotte contadine e dell’occupazione delle terre incolte negli anni ’40, assassinato dalla mafia; 
  • Vittoria Giunti, partigiana, primo sindaco donna della Sicilia a Sant’Elisabetta e direttrice della rivista Noi Donne; 
  • Francesco Renda, storico, sindacalista e primo segretario della CGIL agrigentina dopo la liberazione dal fascismo. 
  • Girolamo Scaturro, dirigente contadino e parlamentare. 

E non mancano certo esperienze politiche e culturali più recenti, che possono costituire un’utilissima base progettuale e programmatica per una ripartenza della sinistra ad Agrigento: dalle battaglie ambientaliste degli anni ’80 e ’90, alle elaborazioni politiche e culturali di riviste come Suddovest, Fuorivista, Bacbac, o di istituzioni culturali come il Centro Pasolini; dai comitati per la difesa dei beni comuni, in primis l’acqua pubblica, ai comitati per la difesa della costituzione. Da valorizzare anche l’impegno e le proposte di diversi intellettuali e artisti per la tutela e la rinascita del centro storico. Penso a personalità come Settimio Biondi, Tano Siracusa, Giovanni Taglialavoro, Beniamino Biondi, Lillo Miccichè e tanti altri. 

(Banksy)

La candidatura annunciata di Claudio Fava alla presidenza della regione può essere un catalizzatore, per ripartire da una storia di credibilità costruita in tanti anni di impegno antimafia e per un progetto di sviluppo alternativo ai disastri della politica siciliana. Con la sua presidenza, la commissione parlamentare antimafia regionale, quella che era sempre stata una foglia di fico per coprire la cattiva coscienza della classe politica siciliana, è diventata un prezioso strumento di indagine per contribuire a far luce sul sistema di potere malavitoso, sulle collusioni mafia-politica-affari, sui depistaggi istituzionali degli ultimi trent’anni. La commissione ha condotto delle inchieste significative su:  

  • Il ciclo dei rifiuti in Sicilia
  • Il “Sistema Montante” 
  • I depistaggi dell’inchiesta sulla strage di via d’Amelio 
  • La gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia 
  • L’attentato a Giuseppe Antoci, presidente del parco dei Nebrodi. 

Claudio Fava in questa legislatura ha rappresentato, spesso in estrema solitudine, la voce di una Sicilia diversa che crede sui valori fondanti dell’antifascismo, della difesa della libertà e della democrazia (in un momento in cui è assessore alla cultura della giunta Musumeci quell’Alberto Samonà che nei suoi scritti inneggiava alle SS del terzo reich). Con Claudio Fava ci si può impegnare in un progetto che vuole costruire un’alternativa politica, il cui obiettivo primario è la giustizia sociale, da realizzare attraverso la redistribuzione del reddito e della ricchezza e la liberazione del lavoro dallo sfruttamento e dalla precarietà; per una proposta di sviluppo che fa perno sulla difesa dei beni comuni e la tutela dell’ambiente; con un orizzonte ideale e programmatico che vuole riaffermare e ampliare i diritti sociali e civili, intesi non solo come momento di emancipazione individuale, ma anche come strumento di crescita collettiva. 

È paradossale che ad Agrigento, dove diseguaglianze economiche, povertà, precarietà e mancanza di lavoro, inefficienza dei servizi pubblici, privilegi e prepotenze sono ai massimi livelli, la sinistra sia invisibile. Proprio là dove più ampio è il disagio sociale, la sinistra politica è assente.   

La preparazione della prossima campagna elettorale per l’elezione del Presidente della Regione, quindi, può essere una buona occasione perché anche ad Agrigento si possa elaborare un progetto di cambiamento radicale, dando una solida veste organizzativa ad un’area diffusa di malcontento sociale, e rappresentando un riferimento ideale per chi crede ancora alla politica come progettualità ed agire collettivo, per realizzare una visione condivisa del bene comune.  

Il manifesto programmatico dell’associazione Bac Bac, che ha ricevuto tante adesioni (vedi documento allegato), potrebbe costituire la base di confronto per la nascita di un raggruppamento ampio ed aperto a molti contributi individuali e di gruppo, per un cammino collettivo inedito per la città, che si nutra di un nuovo immaginario capace di farsi carico dei bisogni, ma anche dei desideri di chi vi abita. 

Perché, in fondo, il fine della politica, se la si guarda da un’ottica di sinistra, è la felicità delle persone, di tutte le persone. 

(Alessandra Sciurba, portavoce Sinistra Comune, Palermo)