di Nuccio Dispenza

Il titolo è facile,” Il cipresso di Natale”. La sceneggiatura, ghiotta, aperta, si offre alle migliore creatività, a penne brillanti. La fine è vicina, probabilmente scontata, seppure in ritardo.  Cominciamo dall’inizio o dall’anticamera del “The end”? Facciamo dall’inizio. Le città al tempo della pandemia sono tristi, anche Palermo. Poca gente, troppi lutti, una paura diffusa per una insidia che gira, subdola, invisibile. Peggio che in “Fog” di Carpenter. Una insidia che confida nelle nostre leggerezze. Quando Palermo s’apprestava, comunque, a segnare le vie del centro delle luci e dei colori della festa, il sindaco Orlando, con sensibilità, aveva detto: “Vogliamo dare un segnale di vitalità e di speranza, ma senza dimenticare i lutti e le sofferenze patite”. Parole responsabili, quelle giuste: vitalità, senza dimenticare i lutti. Fin qui ci siamo, luci, archi colorati, l’albero a piazza Politeama. Già, l’albero. E’ a questo punto che la storia entra nel bello, con passaggi che rinviano ai copioni di Aldo Giovanni e Giacomo, se volete ai nostri Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, se volessimo dare un tocco culturale e popolare, al nostro Giufà. A quel personaggio un pò “turdo” che ricorre nella tradizione di diversi popoli del Mediterraneo. Di Giufà ricordo, bambino, tante storie, a partire da quella che faceva…”Giufà, ta tirasti a porta?” e diceva di un Giufà che, anziché chiudersi alle spalle la porta, la porta la strappava letteralmente dai cardini e se la caricava sulle spalle.   

Allora, torniamo all’albero. C’è da recuperarne uno bello alto, come si confà ad una piazza straordinaria come quella che sta innanzi al Teatro Politeama. La squadra di operai del Verde del Comune sale sul camion e punta verso le montagne. Obiettivo, Madonie. Arrivata sulla neve, la squadra, guidata dalla Forestale, individua un abete, ma nelle operazioni che dovrebbero strapparlo alla terra e alla nave, per poi caricarlo sul camion, l’abete si rompe in maniera rovinosa. Operazione fallita, la squadra lascia le nevi e scende giù in città. Che fare? 

 A quel punto la squadra della sezione Giufà del Comune si ricorda di un cipresso mal messo della Favorita, Attraversa la città, entra nel parco, recupera il cipresso e va a piazzarlo al centro di piazza Politeama. E’ a quel punto che il copione si arricchisce  delle battute e dei commenti Palermo style. Naturalmente sui social, tanti altri ai piedi del cipresso. Si va dall’esclamazione “Auguriusu…”, accompagnata dall’esplorazione delle “parti intime” degli uomini, arrivandoci dal fondo delle tasche dei pantaloni, all’immersione nei ricordi scolastici, con la citazione di Bòlgheri, con l’accento sullo o. Chi ha memoria della città e delle cronache di mafia avanza una ipotesi, che l’albero provenga da via dei Cipressi, quella ai Cappuccini, lì dove nel maggio del ’71 fu ucciso il Procuratore Scaglione. Ai piedi del cipresso, la cosa appare verosimile.   

In piazza e sui social non mancano gli innocentisti, i “giustificazionisti”. Ricordano le parole di Orlando, “vitalità e lutti”, e per questo pensano che il cipresso al posto dell’abete sia stata scelta sofferta ma che vuole testimoniare questo passaggio triste del nostro tempo. Essere un monito per leggerezze che pagheremmo. Tra commenti pesanti e tendenze giustificazioniste, il cipresso scompare, ritirato nottetempo dalla squadra Giufà. I social sono spietati, vincono sulla piazza reale. I responsabili del dipartimento Giufà e lo stesso Orlando leggono i social e dispongono la rimozione e la rottamazione dell’albero carducciano. Resta la base, vuota, in attesa di un abete o di altra specie arborea riconducibile al Natale e alle palle, quelle colorate. Di questi passaggi, sui social e nei telefonini dei palermitani, resta un’ampia documentazione, un pò come l’albero “Spelacchio” della Raggi, a Roma. La storia, dunque, è aperta, seppure prossima alla fine, promettono a Palazzo delle Aquile. dal Comune promettono che entro 24 ore il caso sarà risolto. Avremo un albero di Natale di dieci metri. Vedremo. Ai commenti e alle considerazioni di queste due giornate all’ombra della sagoma minacciosa del cipresso ( mancava solo quella di una signora in nero con in mano la falce ) ne aggiungo una io, pensando alla preziosità della memoria, soprattutto in tempi difficili: Avremmo potuto cogliere l’occasione per mettere al centro della piazza quattro belle ed alte piante di arancio in vaso, da restituire al vivaio dopo le feste. Così, avremmo recuperato una antica tradizione, quella legata alle novene, con le “figureddri”, le edicole, addobbate con rami di arancio, carichi di gioiosi frutti. Quelli si, “auguriusi”.

L’ULTIMORA ci dice che, alla fine, sarà un cedro alto dieci metri l’albero di Natale di piazza Castelnuovo. Arrivato da Polizzi Generosa. 

Di Bac Bac