di Nino Cuffaro

Nel secondo dopoguerra l’attrazione quotidiana di Raffadali è stata per lungo tempo la sala cinematografica ‘Progresso’ di Salvatore Moscato, inteso ‘Trallazzu’ per via di trascorsi discutibili legati alla sua attività commerciale precedente. Il cinema era situato nella piazza centrale, piazza Progresso appunto, e pubblicizzava il film del giorno tramite due bacheche: una per i poster grandi e una per quelli piccoli, situate nel corso principale, attorno alle quali durante la giornata si formavano spesso capannelli di sfaccendati intenti a informarsi, commentare e dibattere sulla pellicola proposta. Chi aveva già visto il film riferiva le proprie impressioni; chi non lo aveva ancora visto si informava: “Bonu è stu firm?”, “Cu ci travaglia?”, “Cu è u picciottu?”, “Cinni sunnu fimmini boni?”.
Il pomeriggio della domenica il cinema diventava il regno dei più piccoli. Le proiezioni cominciavano verso le 14:30 (sull’orario, però, c’era una certa flessibilità legata al riempimento della sala), ma già un’ora prima noi ragazzi eravamo fuori ad aspettare impazienti l’apertura delle porte, per fiondarci subito ad occupare un posto a sedere e poi goderci le anteprime (oggi si chiamano trailers) dei film in programmazione nei giorni seguenti. Il signor Moscato era molto comprensivo con i ragazzi, che spesso non avevano i soldi sufficienti a pagare il biglietto di 120 lire per la platea. In questi casi era propenso ad accettare un’integrazione in natura: per esempio, uno o due uova di gallina, che poi girava per la vendita all’emporio della moglie, la signora Nena ‘Cilieddra’. La bottega in questione, situata al centro del corso, di fronte al municipio, era famosa per la varietà della merce in vendita: si andava dalla mortadella allo zolfo, dai tappi di sughero al mangime, dalle uova all’utensileria domestica, dal baccalà al petrolio per alimentare le lampade. Per chi non disponeva di soldi, né dell’opportunità di alleggerire qualche pollaio, c’era sempre la possibilità di ricorrere al biglietto premio dell’arciprete Di Caro, ‘ntisu patri Piru, che però comportava l’obbligo di assidue frequentazioni del noioso catechismo parrocchiale.

La sala non era molto capiente: tra la platea e la tribuna poteva ospitare seduti circa 300 spettatori, ma la domenica si riempiva come un uovo e si consentivano gli ingressi fino alla saturazione di ogni spazio, con almeno un altro centinaio di persone in piedi, appoggiate alle pareti, sedute sui gradini della scalinata che portava alla tribuna superiore o situate quasi sotto lo schermo in prossimità del varco di ingresso. Naturalmente, non esisteva la climatizzazione e, visto che allora era consentito fumare al cinema, d’estate la poca aria disponibile si saturava di fumo e degli olezzi conseguenti a copiose sudorazioni. Ma noi non badavamo a questo, non sentivamo alcun disagio, talmente eravamo presi dal racconto che si dipanava sul grande schermo. Eravamo rapiti dalla forza di Ercole e di Maciste, dai duelli di Ringo e Sartana, dalla furia distruttiva di Godzilla, dai colpi di Karate di Chen, dalle gag di Franco e Ciccio o di ‘Olio e Stalio’, ma soprattutto eravamo troppo impegnati ad innamorarci della protagonista femminile di turno. L’incantesimo collettivo veniva sospeso con un urlo corale – trallaaaaahhhhh – al momento dell’interruzione, pressoché consueta, del nastro di celluloide della pellicola. Il signor Moscato, che prudentemente presidiava la cassa, per risparmiare si serviva come proiezionista e maschera del figlio Michelino, che era costretto, a seconda delle necessità, a fare la spola tra il controllo dei biglietti all’ingresso e la sala di proiezione. L’urlo, inconfondibile per intensità e durata, fungeva da avviso a recarsi di corsa a sistemare la pellicola.
Passavamo al cinema tutto il pomeriggio ed uscivamo dalla sala a sera, dopo aver visto e rivisto il film due-tre volte, poi continuavamo a raccontarci fuori dal cinema i passaggi che più ci avevano emozionato, per finire a fantasticare a casa prima di addormentarci.

Il cinema ‘Progresso’ non proiettava film di prima visione, ma pellicole vecchie e a basso costo, tanto l’utenza non era certo aggiornata sulle ultime novità cinematografiche. E poi, si andava al cinema per il cinema, indipendentemente dal film proposto. Tuttavia, come in tutti i cinema, la crisi comincia a farsi sentire anche da ‘Trallazzu’ alla fine degli anni ’70. Il miglioramento generale del tenore di vita aveva portato la televisione in ogni casa e cominciavano a moltiplicarsi i canali con l’imperversare delle reti private. Come tante realtà, per sopravvivere, anche il cine ‘Progresso’ per alcuni anni divenne tristemente una sala a luci rosse. Ma verso la metà degli anni ’80 Michelino Moscato, che nel frattempo era subentrato al padre nella gestione, tentò numerose innovazioni, dando al cinema una diversa impostazione: abbandonò il porno; ammodernò il proiettore, la sala e lo schermo; aprì alle rassegne cinematografiche tematiche in collaborazione con l’Arci; svecchiò la programmazione, inserendosi nei circuiti delle prime e seconde visioni. Prima che un imprenditore, Michelino era un grande appassionato di cinema e il suo obiettivo non era il guadagno (aveva già un impiego statale) ma la sopravvivenza di quella sala, per rivivere ogni sera, dal suo trono di proiezionista, la magia unica che sapeva creare il grande schermo quando, spente le luci, dalla bocca di fuoco del proiettore usciva il miracoloso fascio di luce che illuminava e animava la scena. Avrebbe potuto affittare il locale per una qualsiasi attività commerciale, ricavandone una cifra molto alta, ma lui, rimettendoci tempo lavoro e denaro, finché le forze glielo consentirono continuò ad officiare ogni sera lo stesso rito, anche per pochissimi adepti, come il gran sacerdote di un culto esoterico.

Negli ultimi tempi (la sala chiuse alla fine degli anni ’90) mi capitava di frequentare il cinema saltuariamente: era sempre un piacere parlare di cinema con Michelino, ricordare i fasti della sua sala, sentirne i progetti, farmi coinvolgere dal suo entusiasmo. A volte eravamo solo in due, e allora scattava la sensazione unica di avere il cinema a propria disposizione, di godere del privilegio di una sala privata per una proiezione riservata.

Le vicende di Michelino Moscato sono molto simili a quelle di un altro grande gestore appassionato di cinema: Gero Mezzano di Porto Empedocle, ed entrambe non possono non richiamare alla mente le immagini dello splendido film di Giuseppe Tornatore. Nel caso di Michelino Moscato e del cinema ‘Progresso’, però, c’è un nesso con ‘Nuovo Cinema Paradiso’ che va oltre la suggestione. Nel 1987, quando Michelino decise di rinnovare la sala e, per dare un segno di modernità, sostituì le vecchie poltrone di legno (erroneamente, perché non erano solo un pezzo di storia, ma anche eleganti e molto comode), Tornatore era alla ricerca di arredi per il suo cinema Paradiso che stava allestendo a Palazzo Adriano. Fu quindi un’occasione insperata trovare le sedie storiche del vecchio cinema di Raffadali, che vennero utilizzate sul set del film. Alla fine delle riprese una parte di quelle sedie furono acquistate da Giovanni Moscato per l’arredamento del suo teatro, e fanno ancora bella mostra di sè ‘Alla Posta Vecchia’. Quanto a me, fu un motivo in più per amare questo piccolo giulebbe partorito dalla passione per il teatro: un generoso dono di Giovanni alla città di Agrigento.