di Nuccio Dispenza
 
“La vignetta è un modo per raccontare la realtà, anche nelle pieghe drammatiche, anche in quelle tragiche. Mi riesce perchè non ho mai separato la mia matita dell’esperienza vissuta in prima persona. Per me, ogni vignetta è una pagina del mio racconto; racconto che nutro – l’ho sempre fatto –  anche con un forte impegno personale, politico, perché no…Così non è difficile…Io non ho mai separato il mio linguaggio dall’esperienza in prima persona”. Eccoci con Vauro, rieccoci con l’amico col quale da tempo ci eravamo promessi di sederci alla stessa tavola   per parlare delle tante cose che ci uniscono, delle esperienze fatte insieme, con l’occhio straordinario della telecamera dell’amico Claudio Rubino. E a parlare anche di questo tratto della nostra storia dove pare esserci – mi dice – “una scientifica ricerca della mediocrità”, il costante “privilegio della mediocrità a scapito della qualità, perché la qualità evidenzierebbe la mediocrità”.

 

La matita, le vignette capaci di raccontare gli orrori della guerra, con uno sguardo ai bambini, alle vittime indifese di guerre disumane partorite nelle stanze del potere che detta le leggi al mondo. Tanti viaggi nel solco delle ferite profonde lasciate dalla guerra. Viaggi nei luoghi dove c’era, e continua ad operare, Emergency. E non solo. Perché insieme ricordiamo anche un reportage a Palermo, lui al fianco di volontari che, alla guida di un pulmino, a tarda sera raccoglievano da mangiare da pizzerie, rosticcerie e pasticcerie, per distribuirlo ai poveri della città, delle periferie.
 
Dalla trincea della povertà a quella delle guerre con tante vittime innocenti: “Fu in Afghanistan che conobbi Mahammed Sayed – racconta Vauro -Aveva cinque anni. Nello scoppio di una bomba aveva perso l’uso delle gambe. Poco dopo, un tumore gli aveva portato via la mamma. Abbandonato dal padre, per anni a Kabul era sopravvissuto con piccoli lavori di elettronica. Nove anni dopo quell’incidente che sembrava avergli reciso per sempre la vita e il futuro, ecco un miracoloso incontro: il ragazzo incrocia un’infermiera americana che decide di adottarlo. Lo porta a casa, in America, a Boston. Lì torna a nuova vita, amava il disegno fin da piccolo, continua ad amarlo, s’inventa un eroe dei fumetti, un supereroe sulla sedia a rotelle, un personaggio che mancava ai fumetti, Wheelchair Man. Sue le storie,di Ariel Epstein i disegni.                       
“In Afghanistan non abbiamo supereroi, questo è il primo – disse – Penso che un sacco di bambini afgani quando lo leggeranno saranno molto colpiti dal mio personaggio”.  Un piccolo grande successo, grazie ad una raccolta fondi sul sito crowd-sourcing GoFundMe.L’obiettivo, fare arrivare il fumetto nelle mani dei bambini ricoverati negli ospedali e nei centri di riabilitazione di tutto il mondo.                                                               
“Ecco – dice Vauro – vorrei tanto andare a trovarlo, raccontarlo, fargli raccontare la sua vita, la sua nuova vita, la sua visione del mondo…Ebbene, è un racconto che sembra non interessare nessuno…Non mi riesce di farlo, di proporlo e sentirmelo accettare…”.
 
Per Vauro, gli incontri e le storie incrociate non vanno mai in archivio. Restano nella sua vita, ci convive, tornano: “Ero a Ventimiglia per raccontare gli immigrati rimasti notte e giorno sugli scogli, fermati da una delle tante frontiere, da uno dei tanti muri…Conobbi uno di loro, siamo rimasti in contatto. Ci scriviamo con WhatsApp, mi manda le sue foto col vestito buono per le occasioni. Lui è sudanese, ora vive e lavora in Francia, è abbastanza integrato…”.
 
Il primo dei suoi reportage per la tv, per gli approfondimenti del Tg3, fu fatto in Cambogia. Una versione lunga di quel viaggio fu selezionata per la prima edizione della Festa del Cinema di Roma. “Ocunkhiran”, il titolo. Delle storie dei bambini, una versione fu finalista al Film Festival di Milano, vincitore del premio della Stampa estera a Roma. Opere ispirate ai bambini di Emergency divennero una straordinaria mostra itinerante. Sono io a ricordargli che quelle storie di bambini furono mandate in onda anche da Enzo Biagi nella sua ultima trasmissione in Rai. Altri tempi.
 
Veniamo ai nostri tempi. Di fronte a quel che viviamo, convivendo con la minaccia di un virus insidioso, che fa morti, la satira deve porsi un limite, fare una pausa?  “Assolutamente no, Perchè la satira, come dicevo, è un modo di raccontare la realtà, è una lettura che cerca un’angolazione diversa da quella del conformismo. Spesso nei momenti drammatici il conformismo diventa addirittura pensiero unico. Per questo, che ci sia una lettura satirica , perlomeno non convenzionale è addirittura indispensabile”.
 
Limiti alla satira: “Non ho mai capito questa storia dei limiti…Ogni periodo ha la sua drammaticità, questa è solo una tragedia che ci riguarda da vicino ma non è la prima tragedia, non è la sola..: noi viviamo in un Paese dove mediamente i morti sul lavoro sono tre a settimana. Questo, per dire che ci sono tragedie alle quali siamo abituati e che non consideriamo tragedie. E poi  il Mediterraneo, diventato una fossa comune, che non viviamo come una tragedia”.
 
Mai un dubbio su una vignetta? 
 
“Sinceramente, faccio vignette proprio perché sono ricco di dubbi. Se avessi certezze farei un altro lavoro. Credo che la vignetta, come la satira, lasci libertà di interpretazione, che è insita nel discorso satirico. Serve coltivare il dubbio”.
Ci salutiamo, ci diamo un nuovo appuntamento, mi promette una vignetta per gli amici e per le amiche di BAC BAC. Il tempo di tornare a casa, aprire il pc, ed eccola la vignetta per noi.
 
 
 

Di Bac Bac