di Alberto Todaro

Non v’è chi non conosca questo vocabolo spagnolo, ormai entrato a far parte del parlato quotidiano. Desaparecido vuol dire scomparso e, benché oggi venga usata per indicare qualcuno che non si fa vedere da tempo, la sua genesi è ben più triste. Si riferisce agli oppositori del regime dittatoriale fascista di Rafael Videla, che in Argentina spadroneggiò a partire dal 24 marzo 1976 fino al 1983, e che ebbe come carattere distintivo la sparizione degli oppositori. Questi venivano prelevati dalle loro abitazioni o dai posti di lavoro e condotti in luoghi (il più famoso dei quali era la famigerata ESMA, Escuela Superior de Mecánica de la Armada) dove erano sottoposti a “regolare” tortura. Alla fine, in molti casi, c’erano i vuelos: gli oppositori venivano caricati su degli aerei e “liberati” nell’oceano.
Questa fu la sorte toccata a circa 30.000 oppositori del governo argentino in quegli anni.
Parlo di questo perché l’altra sera io e Gaspare siamo andati a Sciacca a vedere un documentario interessantissimo su questo argomento, “Desaparecidos”, diretto dal regista palermitano Gaetano Di Lorenzo. Il quale però ha ristretto di molto il campo del suo interesse sul tema, focalizzandolo sui desaparecidos siciliani.
Il Ministero degli Esteri è in possesso di un elenco di italiani scomparsi in Argentina negli anni del Proceso de reorganizaciòn nacional (così i generali chiamarono romanticamente il regime dittatoriale). Il numero ammonta a 44, non tanti, quindi. Molti di più furono i desaparecidos di origine italiana, di seconda o terza generazione. Dei 44, solo quattro furono i siciliani e di questi solo di due si è riusciti finora a ricostruirne la storia. Si tratta di Salvatore Privitera da Grammichele e Vincenzo Fiore da San Mauro Castelverde. Degli altri due, Claudio Di Rosa da Piazza Armerina e Giovanni Camiolo da Valguarnera, non si hanno molte notizie.

Privitera era un medico. Da sindacalista, insieme alla moglie, anch’essa medico, si occupava delle carenze in campo sanitario. Fu accusato di aver preso parte a un attentato e per questo messo in carcere. Del suo caso si occupò, oltre al fratello Paolo che tuttora ne parla con grande commozione, un giovane prete di Grammichele, don Michele Pennisi, oggi vescovo di Monreale. In seguito a queste pressioni, Privitera venne scarcerato ed espulso. Una volta in Italia, manifestò tuttavia il desiderio di tornare in Argentina per ricongiungersi alla moglie, rimasta laggiù. Sicché torna nel paese latinoamericano ma da allora si perdono le sue tracce. Nel documentario di Di Lorenzo, Paolo Privitera ventila la possibilità di un tradimento politico da parte della moglie.
Vincenzo, detto Enzo o Vicenzo, Fiore era invece un operaio socialista (il mondo operaio ha pagato un prezzo altissimo alla dissidenza) che lavorava alla Peugeot. Un giorno venne prelevato da casa sua e non vi fece più ritorno. Nel documentario, la sorella Lilian, allora poco più che bambina, racconta del suo dispiacere di non aver potuto dare neanche un bacio al fratello mentre lo portavano via. La signora Giuseppina, madre di Vincenzo, fece di tutto per ritrovare il figlio, scrisse persino al Papa e al Presidente Pertini ma fu tutto vano. Aderì al movimento delle Madres de Plaza de Mayo e tutti i giovedì, alle 15:30, si reca in piazza e gira attorno al monumento insieme ad altre (sempre di meno) madri di desaparecidos per cercare di sapere quale sorte toccò ai loro figli e alle loro figlie.
Nel documentario di Di Lorenzo, in un filmato d’epoca, un uomo parla di un certo Tamiolo della provincia di Agrigento. Sono portato a pensare si tratti di Giovanni Camiolo, muratore di Valguarnera (quindi provincia di Enna), mentre nulla o quasi si conosce di Claudio Di Rosa da Piazza Armerina, se non che anche lui era un operaio e che a venticinque anni fu rapito dal regime e quindi condannato a morte. Chi scrive sta per iniziare una ricerca proprio su questo tema, nella speranza di poter raccogliere notizie sugli altri due desaparecidos siciliani.
Non si perda la memoria dei nostri corregionali morti per mano assassina in un paese a noi molto lontano ma così incredibilmente vicino. L’Argentina è l’Italia. Io vi sono stato con mia moglie nel 2008 e non c’è stata persona che abbiamo incontrato che non ci abbia detto di essere di origini italiane o che avesse parenti italiani o fosse a vario titolo legata a italiani. Si calcola che negli anni dalla fine dell’800 al 1985, siano stati circa tre milioni i nostri connazionali che hanno lasciato il nostro Paese per recarsi a lavorare nel paese sudamericano*. Circa 750.000 sono tornati ma tutti gli altri sono rimasti. Tra questi moltissimi siciliani.
Non si perda la memoria di Salvatore, Vincenzo, Giovanni e Claudio, picciotti desaparecidos.

*Fonte: Emigrati italiani: dove e quanti in 140 anni, su fc.retecivica.milano.it. URL consultato il 20 luglio 2020.

(foto di Tano Siracusa – Cordoba, Rosario  ’07)

Di Bac Bac