di Tano Siracusa

Mi è stato chiesto da Nino Cuffaro di fare un giro in città fra ville, villette e parchi abbandonati per documentare lo stato del verde pubblico.
Sono partito da una vecchia cartolina dell’ingresso di Villa Garibaldi e dallo slargo scorticato dove fino a pochi giorni fa sorgeva la Villa del Sole.
Un giro desolante.
Villa Bonfiglio priva di pavimentazione, con un manto d’asfalto irregolare, a tratti sbrecciato o spaccato, con ampie e profonde ‘depressioni,’ dove la pioggia forma delle vaste pozzanghere, specchi d’acqua che riflettono il cielo.
Villa Lizzi come una piccola vecchia stanza abbandonata, sporca, con pavimentazione e piastrelle spaccate in uno spazio circolare che avrebbe ospitato chissà quali giochi e intrattenimenti.
Villetta Calogero Casesa a Porta di Ponte, in pieno centro, invasa dalla spazzatura, con i cestelli che rigurgitano rifiuti che nessuno toglie da giorni.
Tre ore prima la strada che circonda la villetta e su cui si affacciano la Biblioteca, la Caserma dei Carabinieri, la Prefettura e una banca, era stata ripulita con grande cura, come ogni mattina.
Villa del Sole, dall’unico belvedere rimasto in città, il Viale della Vittoria, è ormai una orrrenda cicatrice.
A Parco Icori alcuni alberi sono stati bruciati da un incendio che ha lambito la pavimentazione della corsia occidentale del Parco, quella maggiormente compromessa dall’incuria e dall’abbandono e ancora oggi, in pieno inverno, invasa da una vegetazione facilmente infiammabile. Qualcuno ha provato a dare fuoco anche a un palma.
C’è da chiedersi chi dovrebbe occuparsi del vastissimo patrimonio boschivo di Parco Icori. Di chi sarebbe la responsabilità se fra qualche mese, durante un’altra estate torrida, un incendio dovesse divorarlo.
A San Leone le palme stanno morendo. Molte sono secche, le loro chiome sembrano i capelli di fantocci appesi, molte già sono state segate.
Qualche anno fa si dichiarò guerra agli eucalipti e sulla strada che dal Villaggio Peruzzo porta a San Leone decine di questi alberi, che costituivano un tetto vegetale verso il mare, vennero abbattuti. Si è continuato a Viale dei Pini.

La sensazione è che l’importanza del mondo vegetale dentro la città, del suo valore, non sia riconosciuta innanzitutto dalla collettività, dagli abitanti.

L’unica oasi di verde curata, pulita, con comode panchine in legno, il Giardino Botanico, gestito dalla Provincia, è pochissimo frequentata.


La campagna, il verde, quando penetra nel territorio dell’asfalto e del cemento, viene utilizzato come discarica. I bordi dei boschi e dei giardini che fiancheggiano le strade sono pieni di spazzatura che né il Comune né la Forestale rimuovono. E che gli abitanti, una parte degli abitanti, continuano a riversare.


Come se in questa città, murata per secoli, la campagna fosse il ‘fuori’ e tale dovesse restare, ad eccezione dei piccoli, rigogliosi giardini, pozzi arabeggianti di vegetazione, che potevano permettersi i grandi signori o la Chiesa, e oggi in gran parte andati in malora.
La morfologia collinare e la densità abitativa fra le mura Chiaramontane aggiungeva la sua estraneità a una campagna forse percepita come terra su cui faticare, spesso avara, non come luogo da abitare per il riposo e il godimento di una natura addomesticata, lusso da borghesi.
Si racconta che i contadini di Rabato, fuori le mura, amavano attraversare e sporcare la città con le loro greggi.
La distruzione di Villa Garibaldi nel 1949, il salotto vegetale della città, sembra ispirarsi alla stessa incultura del verde che non protegge oggi il patrimonio boschivo di Parco Icori e distrugge Villa del Sole.

Non siamo abituati ad ‘abitare’ il verde, l’intrusione della campagna nello spazio urbano.
Mi è capitato di rivedere alcuni vecchi scatti a Budapest, in uno dei suoi tanti parchi, la gente sdraiata sui prati, quella familiarità nell’ ’abitare’ la campagna, la sua discontinuità, nel tessuto cittadino. Ma potrebbe essere a Milano o a Palermo.
Qui ad Agrigento è più complicato, ma le nuove generazioni dovrebbero decifrare il segno dei tempi, che gli alberi ci sono amici, che ci possono salvare. E non perché lo sognino i poeti ma perché lo sostengono gli scienziati, quelli che studiano il clima, il tempo che ci resta.

Il video sarà proiettato sabato al circolo Empedocleo durante l’incontro – dibattito “Lo scempio della VIlla del Sole: devastazione e prospettive di rinascita”, organzzato dal circolo Vittoria Giunti del PD.

foto – Budapest T. Siracusa

Di Bac Bac