di Tano Siracusa
Durante l’incontro con Orbàn, ragionando sulla questione dei migranti, Giorgia Meloni ha sostenuto che “difendendo la famiglia difendiamo Dio, la nostra identità, la nostra civiltà”.
Pare che l’enormità dell’affermazione sia passata inosservata, benchè l’idea di ‘difendere Dio’ oscilli fra la blasfemia e la provocazione ereticale.
Il Dio ebraico-cristiano è infatti comunque il creatore e custode della sua creazione, e non si riesce a immaginare come possa essere ‘difeso’ dalle sue creature. Il Dio onnipotente della tradizione biblica, ma anche il ‘Dio sconfitto’ di un cristiano come Sergio Quinzio, il Dio che si ritrae, che rinuncia alla sua onnipotenza, è scomparso. Al suo posto un Dio che andrebbe difeso, non pregato di difenderci, di liberarci dal male.
Nel paradosso c’è una logica. Il Dio di Giorgia Meloni deve essere difeso dalla ‘invasione’ dei migranti in Europa perchè non è Il Dio di tutti, ma della ‘nostra civiltà’. Alla quale evidentemente non appartiene un teologo come Karl Barth, tutto un versante del luteranesimo, e la grande maggioranza degli uomini. Normale che un Dio così rimpicciolito venga tirato dentro la campagna elettorale, e perfino che abbia bisogno di difensori.
L’incursione teologica propinata con la consueta disinvolta sicurezza dal capo del governo italiano è stata aggirata dal cardinale Lorefice con una indicazione pratica : “Creare un sistema di flussi regolari, mettere in piedi strutture umane e dignitose di prima accoglienza, distribuire i migranti sul territorio nazionale, dare una casa e un lavoro a chi porta il proprio entusiasmo e il proprio contributo a una Europa stanca, a un welfare anemico, è tutt’altro che impossibile per un grande Paese come l’Italia. Basta volerlo.”
E considerazioni analoghe svolge il cardinale Franco Montenegro intervistato da Repubblica.
Il paradosso del Dio cristiano che deve essere difeso dalla invasione degli ‘ultimi’ viene da loro aggirato semplicemente proponendo un orizzonte di senso evangelico.
Nell’Europa che fu cristiana e illuminista, che pretendeva di possedere il monopolio dell’universalismo, l’approccio dei due cardinali siciliani ripropone la radicalità della scelta cristiana, il suo umanesimo universale, in un tempo dominato dagli egoismi continentali, nazionali, locali, dalla moltiplicazione dei confini e delle barriere.
disegno di Giuseppe Agozzino