di Tano Siracusa

foto di Tano Siracusa

Il nuovo anno a Villa Seta, quartiere ponte fra Agrigento e Porto Empedocle, spazio di esclusione e marginalità, potrebbe essere quello di un nuovo inizio.


A breve dovrebbero cominciare i lavori per il recupero di una parte consistente del vecchio centro commerciale: quasi due milioni di euro per rimettere a nuovo quello che era stato il centro non solo commerciale ma anche sociale, di incontro degli abitanti del quartiere, completamente abbandonato negli ultimi vent’anni dopo una lunga crisi. Molte le sue cause nel racconto degli abitanti: mancata manutenzione dei locali da parte dell’IACP, un clima di crescente insicurezza a partire dalla metà degli anni ’80, infine l’apertura del grande centro commerciale “Valle dei Templi” che ha costretto alla chiusura anche molti negozi del centro cittadino.


In attesa che inizino i lavori, a Villa Seta dopo alcuni anni riprende la sua attività la biblioteca con nuovi, ambiziosi progetti affidati all’entusiasmo e alla competenza di giovani agrigentini, molti dei quali laureati in facoltà umanistiche.
Una nuova biblioteca digitale che sembra avere le risorse materiali e professionali per poter attivare dinamiche di inclusione giovanile, per attrarre un’area sociale scarsamente scolarizzata che manifesta tuttavia voglia e capacità di esprimersi, dai gruppi che fanno musica al caso di “Manuzza”, un film (modello la serie Gomorra) girato interamente con un cellulare da una decina i ragazzi di Villa Seta.
Come dimostrano altre esperienze, da Scampia a Danisinni, allo Zen di Palermo, l’investimento di energie dal ‘centro’ di soggetti esterni risulta efficace solo se riesce a fare rete, se le varie esperienze si connettono delineando un concreto orizzonte di nuove opportunità. Ma soprattutto risulta efficace se incontra e interpreta il disagio dei residenti, innervandone la voglia di riscatto, stimolando un loro originale protagonismo che può diventare attrattivo anche nei confronti del ’centro’. Il Teatro Masimo a Danisinni è un esempio.
A Villa Seta qualcosa sembra muoversi in questa direzione o comunque potrebbe succedere.


Davanti l’edificio scolastico del CIPIA (prima scuola Quasimodo) Gaetano di Ballo, uno degli artefici dei progetti legati all’attività della biblioteca, ha incontrato Carmelo Roccaro, Ammamaria Van Der Poel e Merenne Cisse della Comunità Zagare di Slow Migrants che su un terreno messo a disposizione dalla scuola ha iniziato l’esperimento di un orto sociale aperto al quartiere.
La scuola mette a disposizione degli abitanti e dei progetti che vi si vogliono realizzare le sue strutture sportive, le sue attrezzature e i suoi spazi dalla mattina alle 7 alle 21 di sera. Un’ attrice, Lia Rocco, e un musicista, Sandro Sciarratta, hanno dichiarato la loro disponibilità ad avviare laboratori teatrali e musicali.
In questo quadro la parrocchia si propone come luogo di raccordo e attraversamento di queste iniziative, e anche di informazione: il preside della scuola, Santino Lo Presti, è stato invitato durante la messa domenicale a presentare la sua scuola e la sua possibile proiezione nella comunità e i responsabili della Comunità Zagare di Slow Migrants, sono invitati fin dalla prossima domenica.

L’informazione è la premessa per un non facile superamento di differenze e reciproche diffidenze culturali fra chi ‘viene dal centro’ o comunque da fuori e i residenti, e spesso anche di sfiducia e scetticismo in un contesto dove il senso comunitario cede alle spinte individualistiche, prive peraltro di opportunità e di mezzi, di quadri certi di legalità.

C’è chi sostiene che l’asse lungo il quale Agrigento avrebbe dovuto svilupparsi è quello che da Rabato, quartiere fuori le mura cittadine, traguarda la sua marina occidentale, il molo empedoclino, il suo porto. Nel periodo preunitario proprio a Villa Seta, allora una ‘stazione’ per chi da Rabato raggiungeva l’attuale Porto Empedocle, si era immaginato di costruire la nuova Gigenti. L’edificazione di Villa Seta e Monserrato dopo la frana del ’66 ha costruito un ponte, anche di notevole qualità urbanistica, che l’attuale degrado e immobilismo ribaltano in una cesura, in uno strappo.

I nuovi progetti, le esperienze già avviate potrebbero segnare l’inizio di una ricucitura.

Di Bac Bac