di Nuccio Dispenza

foto di Tano Siracusa

E’ passato un anno da quando una piccola schiera di amici col vizio di amare questa città si interrogava su come partecipare al confronto elettorale per il governo di Agrigento. Dibattito intenso, difficile da sintetizzare. Vinse l’idea di esserci solo con le nostre idee, da mettere a confronto con i propositi di chi scendeva in campo, con chi pensava di poter continuare la sua esperienza di governo, con chi si proponeva in alternativa. Avevamo e continuiamo ad avere un’idea di Agrigento diversa da quella che ci lasciavamo alle spalle, diversa da quella di questo primo anno della nuova amministrazione, che ci sfugge, se c’è.

Nel confronto che avviammo, l’asse su cui reggeva la nostra idea era la rinascita e l’avvio a nuova vita del Parco Icori, che a me piace chiamare dell’Addolorata perché rinvia al quartiere che più gli è prossimo e che ci fa entrare in quel centro storico che è insieme ferita e tema strettamente connessi al Parco. Ferita quando invece dovrebbe essere idea, foglio sul quale progettare il futuro. L’altra idea, la metropolitana di superficie sviluppando la linea ferrata esistente e male utilizzata, sarebbe stata, e sarebbe, il filo per cucire realtà umane, sociali, valori culturali ed economici. Filo per sanare anche gli strappi con le periferie, prima Villaseta.

Dicevamo, il Parco Icori. Non ricostruisco qui la storia di questa occasione mancata, lo ha ben fatto sulla sua pagina Facebook Marco Falzone, che ricorda i tanti anni passati: era il 1966, nasceva lì dove la frana aveva fatto più danni. Quale migliore risposta ad una città che doveva rialzarsi interrogandosi su una crescita distorta? Si investivano tanti soldi su una ipotesi diversa che tutto puntava a spazi per la comunità, per farla crescere, a spazi da offrire al turismo, con un volto diverso e più completo. Non solo Valle dei Templi, ma quell’agorà che sui templi spaziava, laboratorio di nuove aggregazioni, di elaborazioni, occasione di bellezza.   

In questo anno, fortemente segnato da una pandemia che certo non incoraggiava eventi anche di forte e dolce provocazione, Bac Bac,  l’ostinazione e l’occhio di Tano Siracusa hanno portato all’Icori musica e non solo. Piccoli grandi eventi emozionanti. Perché, come ha ricordato Falzone citando Bach, la musica “aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori”.

Si, perchè l’anno trascorso è fatto soprattutto di silenzi, di cose farfugliate, da decifrare se mai altro ci fosse dentro i sostanziali silenzi. Difficile sapere, capire. E così, citando Fantozzi, “si rincorrevano voci incontrollate”. Voci, fatte trapelare sul possibile interessamento di una, anzi di due multinazionali interessate a farsi carico del peso finanziario che richiede il passaggio in terapia intensiva e il ritorno a nuova vita del parco. “Serpeggiava” il silenzio, domina la difficoltà a conoscere, manca la trasparenza, assente la volontà – che invece sarebbe preziosa a chi ha l’onere di governare –  di dialogare e confrontarsi con la comunità, sul quotidiano e sulle ipotesi di futuro. Niente, tutto appare come appariva l’Icori dietro la fisarmonica di Angelo Sanfilippo, sotto la voce di Lia Rocco, dietro la sagoma del contrabbasso di Sandro Sciarratta. Una scena di abbandono animata da un materasso lì abbandonato, quasi un’icona. Si diceva con la vecchia amministrazione, si ripete oggi, che “non ci sono i soldi”. Lo si è ripetuto anche quando all’orizzonte apparivano occasioni finanziarie nuove e diverse, fondi pubblici, europei.                                           

Certo, per curare le ferite dell’abbandono e per ridisegnare fisicamente,e non solo, il Parco ci vogliono tanti soldi, ma si è sempre sottovalutato e si continua a sottovalutare l’effetto che avrebbe sulla vita economica e sociale della città. Progettare, riprogettare, realizzare spazi di vita, queste le sfide delle città che sanno pensare, in Italia come in Europa e nel mondo.Lo hanno fatto in tante, qualche volta sapendo calamitare grandi nomi della progettazione.

Si, perchè qui non si tratta di dare una ripulita, una tinta di colore, aprire ( come pure occorre ) vie di fuga, qui si tratta di piantare un’idea che sappia invertire il corso limaccioso delle cose. E il silenzio non aiuta, suggerisce soltanto la mancanza di volontà, un volo basso quando invece si richiede altro.

Bac Bac non molla, al Parco Icori ci tornerà ogni settimana, con la musica e con le parole degli artisti, a cucire – filo di imbastitura – centro storico in abbandono e spreco di gradinate. Verificheremo se quel materasso ci sarà ancora, verificheremo se con noi vorrà esserci l’Amministrazione.


Di Bac Bac