di Nuccio Dispenza

foto Crediti Caritas Ambrosiana

“Quello che ho visto qui, il poco che ci hanno consentito di vedere, mi ha ricordato quei campi, quegli altri campi che ci sono tornati in mente e negli occhi nel giorno della memoria..”. Pietro Bartolo è stato appena respinto, con altri parlamentari europei, a pochi passi dall’inferno di neve dove si consuma una tragedia “indicibile”. Lui che in un quarto di secolo di medico a Lampedusa delle tragedie ha dovuto fare pane quotidiano. Probabilmente ha visto più morti lui di quanti ne possa aver visto un medico di guerra. Nella trincea del Mediterraneo, non soldati, ma uomini, donne e bambini, tanti, troppi. Eppure, intervistato a distanza da Lidia Tilotta, la collega con la quale Bartolo ha scritto “Lacrime di sale”, dietro la mascherina anti covid il medico di Lampedusa, che Gianfranco Rosi volle in “Fuocoammare”, Orso d’oro a Berlino, nel 2016, fa trasparire lo sgomento. Per quegli uomini scalzi, avvolti in una coperta, in fila per un pasto. Sgomento per i loro racconti, per le storie dei singoli, per la storia collettiva che si consuma nel cuore d’Europa e che ha responsabilità dell’Europa, dei suoi Paesi, Italia compresa. Bartolo è a Bihac, sulla strada del rientro, Lipa è più in là, sommersa dalla neve. “Un campo? Chiamiamolo così, in effetti non si può descrivere… In trenta, anche in quaranta, sotto una tenda, mentre fuori il cielo è spazzato da una tormenta di neve. E nella tormenta, in fila per un pasto. Lontani dalla città, dalla prima casa, difficoltà immani..”

Parlamentari europei respinti, in Europa, da una polizia europea. Un fatto inedito che Bartolo e gli altri parlamentari denunciano con scandalo. “Cosa non si deve vedere e raccontare?”, si chiede, e chiede Bartolo. La rotta balcanica si racconta poco, ma dopo quella mediterranea è quella che più dovrebbe scandalizzare. L’umanità che scappa da guerra, da regimi e dalla fame è costretta a ficcarsi in questo imbuto per provare ad arrivare in Europa, e una delle frontiere che spera di superare è quella italiana. E l’Italia li respinge, e per questi respingimenti si è vista condannare. Una sentenza che ci timbra di vergogna.

foto Crediti Caritas Ambrosiana

Gli stessi parlamentari che sono stati a Bihac vogliono risposte da Roma. Non è possibile che la polizia italiana restituisca i profughi ad una polizia che i profughi li picchia, li spoglia, li deruba e li restituisce all’inverno, forse con la speranza che muoiano e “tolgano il disturbo”. Serbia e Ungheria sbarrate, non resta che questa strada. “Molti non ce l’hanno fatta, molti non ce la fanno, altri moriranno se non si trova una soluzione…”, dice Pietro Bartolo. E racconta di come al disgelo, in passato siano stati trovati diversi corpi imprigionati dalla neve. Quel che accade anche lungo i camminamenti di montagna, tra Italia e Francia. Così è stato, così potrà essere anche alla fine di questo lungo e rigido inverno. “Inaccettabile”, ripete Pietro Bartolo. Seppure respinti dalla polizia, perché non vedessero, i parlamentari europei hanno raccolto diverse storie. Con loro, Nello Scavo, di “Avvenire”, uno dei pochi giornali che ha saputo raccontare quel che si consuma in quest’angolo gelato d’Europa. “Un ragazzo pakistano – dice Bartolo – mi ha raccontato di aver già provato decine di volte a superare confini e polizia. Sempre respinto dai croati. In uno di questi tentativi era riuscito ad arrivare in Italia, respinto anche qui, restituito a croati e bosniaci. Ha raccontato di botte e torture. Spogliati perchè ad ucciderli ci pensasse il freddo…”. Fare chiarezza sulle responsabilità, tutte – dice Bartolo – comprese quelle italiane. C’è una sentenza che ci condanna, va rispettata, va cambiato l’atteggiamento nei confronti di questa umanità dolente. Resta l’urgenza di evacuare ora, subito, Lipa, altrimenti avremo altri morti sulla coscienza..

Di Bac Bac