di Nuccio Dispenza

foto di Tano Siracusa

E’ il mattino del giorno dell’Epifania di un’Italia in zona rossa sul fronte del Covid. I dati dicono che la Sicilia ha sbagliato tanto raggiungendo numeri preoccupanti di positività. Il primo messaggio nel gruppo di sostegno che si è creato su WhatsApp quando si soccorse ed aiutò una giovane coppia tunisina approdata ad Agrigento in fuga dalla povertà, arriva quando sono passate da poco le dieci. E’ Alfonsa che scrive: “Sto cercando di aiutare una giovane coppia bengalese in attesa di un bimbo, per i primi giorni della prossima settimana… Non hanno niente, sto cercando un pò di tutto: corredino, pannolini e quant’altro necessita per l’igiene del bambino. E lenzuola per la carrozzina e per il letto grande. Piumino, camicia da notte, ciabatte per la mamma. Insomma, di tutto e di più…Io comprerò loro qualcosa, ma molto altro lo devo chiedere. Se possibile, puoi trasmettere ai tuoi contatti?”. La risposta è immediata, cresce da un momento all’altro. Si chiedono taglia, numero delle scarpe della giovane donna in attesa. “Trentasette, 38, mi ha detto…”.   

                                                                                                                                                                                                 

L’appello rimbalza, va oltre il gruppo.

“La taglia? Quarantaquattro, ma è relativo, tenete conto che è incinta…”.

Si fa girare il numero di telefono di chi ha lanciato l’appello e si è incaricata di raccogliere quanto andrà alla coppia. Ci si da appuntamento per l’indomani, giorno “arancione”, ci si potrà muovere.

“Ci vediamo a San Leone. alle 15…Ho un passeggino, ho la cesta, copertine di lana per il bambino…”.

Si prepara tutto in auto, per la consegna veloce: “Tutta roba tenuta bene, con cura..”, precisa chi sta donando. In effetti queste sono le cose che in casa, in famiglia si conservano con cura quasi religiosa. Le cose del figlio, il corredino, la cesta dei nipotini…Cose che potranno servire. Questa volta non in casa.

“Allora, alle 15, piazzale Giglia…” 

“Meglio poco più avanti, davanti al Ragno d’Oro, lì ci si può fermare…” “Borsone, 4 copertine, due camicie da notte bianche abbottonate, che vanno bene per il parto…”

Arriva la domanda che non si è ancora fatta: “E per il marito? Serve qualcosa?”.

“Chiederò…”

Ci si è dimenticati di chiedere: “Quando nascerà?”

“Il ragazzo mi ha detto che deve andare in ospedale il 12…E In programma l’ultima visita…Non ho capito se  sarà un parto naturale o un cesareo…Il papà è molto confuso…È Il primo bimbo, non sa cosa fare…”

Il primo appuntamento con la giovane coppia è per lasciare loro la carrozzina. Ci va Alfonsa, che torna e scrive un messaggio che stringe il cuore e preoccupa.

“Sono stata a casa loro per portare la carrozzina, il bagnetto, per capire cosa avessero bisogno…Mi viene da piangere a vedere dove abitano…Una casa su due piani, 20 mq in tutto, con una scala a chiocciola molto pericolosa. Entrando, c’è una cucina che hanno trovato in strada, con due fornelli…Mi han detto che c’è un buchino, che perde gas… Quindi, chiudono sempre la bombola…Non hanno mobili su cui appoggiare e conservare qualcosa…Solo quattro pentole vecchie, lì, a vista…Non so neanche se hanno acqua calda…Un piccolo frigo che hanno trovato, neanche un tavolo decente…Puzza e muffa, e pareti scrostate…Una piccola finestra chiusa con i cartoni per provare a ripararsi dal freddo… All’esterno il prospetto nuovo, bianco, inganna, come se dentro ci fosse un bell’appartamento…Il ragazzo mi ha detto che paga 150 euro. E non può pagare di più…Non so come possono crescere il bimbo in questa situazione…Mi sento molto triste a pensarli lì dentro…”.

Adesso l’impegno comune è quello di trovare qualcosa per la casa. Il pensiero va al modello di accoglienza che non funziona. Al paradosso di tante case sfitte. Ad un modello che non c’è, quello di una comunità e di istituzioni locali che si facciano garanti a tutela dei nuovi cittadini. Il figlio che nasce sarà un agrigentino. “La Comune”, il Comune dovrebbe essere in grado di rispettare il diritto a crescere in un ambiente anche povero, ma sano: La mente va ad un Comune che sappia farsi carico delle urgenze, e non solo, senza distinzioni.

“Hanno il permesso di soggiorno?”.

“Lui si, lei solo il visto sul passaporto. Appena partorirà chiederà il permesso. Ci vorranno mesi…”.

Si cercano pentole e stoviglie. La cucina va cambiata, e con urgenza. “Quanto costa una cucina nuova?”.

Quel buco a un italiano non l’avrebbero mai potuto affittare a 150 euro, sottolinea qualcuno. E così è. Un vero modello di accoglienza dovrebbe garantire loro una casa vera, magari ad un euro simbolico, col Comune a farsi garante. Ma questa è un’altra storia, forse di una storia diversa.

Comincia a infittirsi l’elenco delle cose che si recuperano o si vanno a comprare: lo scalda biberon è stato tra le priorità.

C’è chi conosce altri bengalesi, è Alessia: “Io ne conosco uno che vende rose nella stagione delle rose, in estate quel che si riesce a vendere in spiaggia. L’ho conosciuto una notte di cinque anni fa, piangeva davanti ad un bar…Sceso dall’autobus, gli avevano rubato tutto, i documenti e i pochi soldi che aveva guadagnato…”.

Il cuore di Alessia è conosciuto da tutti. Continua a raccontare di quell’incontro: “E’ una persona onesta, un buon padre. Lavora e manda tutto ai suoi figli lontani… Lo aiutai a recuperare nuovi documenti, gli diedi dei soldi. Lui dopo qualche mese venne a trovarmi, voleva ridarmeli, li aveva guadagnati per restituirli, li aveva messi da parte per me…Naturalmente non li presi..”.

Si vive una storia di migranti, se ne rilegge un’altra. Il cuore di Agrigento ha già una ricca memoria, tante storie. “Da quel momento – continua a raccontare Alessia – ogni volta che ci vediamo è festa. E’ un bravo papà…”

L’impegno di Alessia. L’abbiamo conosciuta quando la migliore Agrigento fu chiamata ad aiutare la giovane coppia tunisina che aveva dormito per notti in una villa del centro città. Alessia e gli altri sono infaticabili. “Mio padre, ridendo, da anni mi dice che non dovrei più uscire perchè  “ogni due, tre, compare un nuovo fratello, un loro figlio…”. Sorride e fa sorridere. Il papà di Alessia, cuore complice del cuore della figlia. Torna il tam tam: “Ho una scatola piena di stoviglie a Grotte. Se servono vado a prenderla”.

Si cercano i mobili. Preoccupa quella scala incerta: “Vergognoso affittare queste catapecchia..” Il pensiero torna al piccolo:”Quando nasce?”. E’ questione di giorni, bisogna sbrigarsi. La coppia abita nella zona Ravanusella, quell’anfiteatro di case che nell’Agrigento di un  tempo e in quello triste dell’abbandono di oggi è sempre stato il cuore di Girgenti. Nella zona c’è un centro di assistenza,una mensa, il ragazzo potrà ritirare qualche pasto, dovrà solo registrarsi, lo aiuteranno a farlo, alla mensa ci sono volontari gentilissimi e disponibili.

“Se penso a quanto cibo abbiamo sprecato in queste feste…”

Anche la vicina chiesa di Santa Lucia ha tanta attenzione per gli ultimi che vivono nelle stradine alle spalle, ricorda qualcuno. “In primavera ci vorrà anche un passeggino”. Si, in primavera. La primavera, già, quella verrà.



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Di Bac Bac