Un sorprendente ricordo di Tony  Cucchiara e di una città scomparsa. Un testo  di Lia Rocco ispirato dall’ascolto e dalla visione del video.

Immagini di una città

di Lia Rocco

“ E’ un impero
Quella luce che muore
O una lucciola?”

da Diciassette Haiku di J. L. Borges

I

Un impero o una lucciola?
Una città “ luogo delle metamorfosi”.
Immagini che diventano metafore
di un comune destino dell’uomo.
Scorci all’ombra di un ulivo, finestre, campanili,
tetti, cupole, sorrisi, balconi,maestosi pini,
giovani uomini, una sposa.
Immagini di Agrigento.
Immagini che si dipanano in un tempo circolare.
Immagini cariche di impalpabile malinconia
e dissacrante ironia che, come un sudario, ricoprono uomini e cose.
Poi arriveranno la notte e la luna.
E con la luna i versi di Garcia Lorca:
“ Quando spunta la luna
il mare copre la terra

e il cuore diventa
isola dell’infinito”

II

“ …ma arrivato lassù
di tutta la città non scorgeva che tetti:
tetti tesi in tanti ripiani,
tetti vecchi, di tegole logore
o tetti nuovi, sanguigni o rappezzati…”

da Il vitalizio di Andrea Camilleri

I tetti di Agrigento. Sono tra i primi ricordi che ho della Città.
Venivamo in vacanza ogni Natale e ogni estate.
Alla fine di pomeriggi immobili per la calura mio padre mi portava con lui a passeggiare.
Mi portava nella Città alta
attraverso stradine, vicoli, scale interminabili,
cortili brulicanti di bambini,
donne sedute a sferruzzare o ricamare tra gerani e garofani pomposi e profumatissimi.
Ogni tanto una sosta
e i racconti di mio padre bambino nella sua Girgenti amatissima .
Un amore trasmesso come un testimone.
E poi la Cattedrale
E il vecchio carcere da cui si dominava la Città
alta e velata sul colle a guardarla dal basso.
Da un lato le collinette con quei paesi adagiati

tra un versante e l’altro: Raffadali, Santa Elisabetta, Joppolo.
Dall’altro lato il mare.
E quella discesa degradante di tetti.
La passeggiata iniziava nel tardo pomeriggio
E spesso quando arrivavamo in cima c’era una luna pallida.

III

“ Io sono nata zingara
non ho un posto fisso nel mondo
ma forse al chiaro di luna
mi fermerò un momento”

Alda Merini

C’è una grande luna rossa stasera.
Il posto migliore per gustarla è dall’alto della cattedrale.
Posteggio in una via Garibaldi deserta oscura desolata
e poi infilo una sequela di strade, vicoli, cortili:
via Arco Minuta, via Marsala, via Recinto Lumia,via Orti,
via Santa Marta, via Belvedere, ancora via Recinto Lumia, via Oblati,
incrocio la chiesetta di San Giorgio,
via Lo Cicero che cede subito il posto al vicolo Seminario,
salgo a sinistra per via Arco di Spoto poi ancora a destra
ed eccolo solenne il muro della Cattedrale.
E il rosone che lo sovrasta sembra una luna ma non inganna nessuno
perché la luna, quella vera, è proprio lì sopra sospesa nella notte buia.
Stasera non è bianca.

E’ sempre grande, placida, silenziosa.
Ma rossa.
E il respiro si ferma per la bellezza.
E questa bellezza non ha bisogno di analisi sociologiche,
riflessioni filosofiche, politiche, culturali.
Questa bellezza è un dato di fatto
Da cui partire per sognare.

“ Le città, come i sogni, dice Marco Polo
sono costruite di desideri e di paure…
Le città credono di essere opera della mente o del caso,
ma né l’una né l’altro bastano a tener su le loro mura.
D’una città non godi le sette o settanta meraviglie,
ma la risposta che dà a una tua domanda”.

da Le città invisibili di Italo Calvino