di Manuel Rosario

In via Atenea lunedì mattina gli operatori ecologici sono al lavoro, come ogni giorno. In quello che si chiamava una volta il salotto della città le saracinesche sono ancora abbassate e della modesta baldoria notturna vengono rimosse con cura le ultime tracce.
Via Atenea e la sua movida.
Qui ormai la sera si mangia e si beve, come in quasi tutti i centri storici costretti a riconvertirsi dopo le aperture dei grandi centri commerciali. Scomparse da anni le ultime botteghe artigianali anche dalle traverse che vi confluiscono, c’è tanto cibo e alcol fra i tavoli dei locali di recente apertura che stanno risalendo anche la parte alta della via. Certo, molti negozi rimangono chiusi, alcune saracinesche resteranno abbassate, il Covid ne ha serrato alcune. Ma il peggio sembra passato. Qui si ricordano gli anni bui dei pochi negozi di abbigliamento rimasti aperti dopo il trasferirsi del ‘salotto’ cittadino nel centro commerciale, nuova agorà dell’Agrigento di questo inizio secolo. Da tempo ormai è in atto una non facile ripresa economica favorita dal crescente numero di visitatori della città dei templi.

Durante il mese di agosto e buona parte di settembre il centro storico è stato invaso quest’anno dai turisti che la sera sciamavano dai B&B animando una tranquilla movida, solo ogni tanto attraversata da qualche megarissa tra africani o tra agrigentini, con coltelli e bottigliate di ordinanza, secondo il modello delle normali movide italiane di questa strana estate frenetica, festosa e violenta come un carnevale fuori stagione. Movida e risse. Movida e auto. Ogni tanto il sabato sera qualche automobilista provava ad attraversare la folla degli sfaccendati che ingombrava via Pirandello, violando il divieto di accesso che nessun vigile urbano faceva rispettare ed eccitando gli animi dei proprietari dei locali, convertitisi ai vantaggi della pedonalizzazione.
Ma adesso che l’estate è passata e i turisti si diradano, via Atenea si mostra questo lunedì mattina senza il trucco notturno.
Un uomo risale la via accompagnato da un cane: lo ha preso con sé dopo la scomparsa di Orlando, un personaggio eccentrico e solitario, grande seduttore di turiste da giovane e circondato dai gatti negli ultimi anni. Su di lui circolano leggende, in una città che teatralizza volentieri se stessa, dove Pirandello era malvisto dai suoi concittadini per attingere dalla affabulante maldicenza locale storie e personaggi.
Donne e uomini di colore seguono le loro ombre allungate sul selciato a tratti dissestato, scendono verso Porta di Ponte, vanno a prendere qualche autobus che li porterà a lavorare. Aspetteranno pazienti alle fermate.
Gli agrigentini invece vanno in macchina anche quando potrebbero andare a piedi, perchè non hanno la pazienza degli immigrati, spiega chi mi accompagna.
Nei bar a piccoli gruppi e ad alta voce parlano delle elezioni, delle votazioni in corso. Negli ultimi giorni si vedono molte più mascherine in giro e si sentono pronostici e opinioni su come andrà a finire.

Sette anni fa, l’ultima volta che vi ero stato, Agrigento e il suo centro storico cominciavano ad adeguarsi alla domanda turistica alimentata dal successo del Parco Archeologico. Si erano moltiplicati i B&B, si inauguravano nuovi locali, un magnifico spazio espositivo, le Fabbriche Chiaramontane, era aperto ogni sera al pubblico, un quartiere semiabbondonato, appena sotto via Atenea, era stato scelto da alcuni artisti come laboratorio di una improvvisata rigenerazione urbanistica.
Oggi, un magnifico murales è ciò che oggi rimane di quell’esperimento e le Fabbriche Chiaramontane sono chiuse. Mentre ha preso forma questa via Atenea dove si mangia e si beve, mentre il rumore della movida disturba le notti dei residenti.
Nelle viuzze della città alta invece il silenzio è pressoché assoluto. I gatti riposano sui materassi abbandonati, fra le macerie delle case crollate, nei cortili e nelle scalinate dove gli abitanti, spesso immigrati, tengono pulito e mettono le piante ad ornare, a ingentilire.
Oggi come sette anni fa.
Fra il silenzio e il rumore, il sonno e le risse, una città apparecchiata per il turismo di massa e una città accogliente anche per gli abitanti, con spazi pedonali e offerte culturali, Agrigento non trova un passaggio, un profilo adeguato alle risorse del suo territorio. Non sembra neppure cercarlo.

Non sembra infatti che questa vigilia elettorale sia attesa dalla città come una possibile nuova alba. Il sindaco uscente, Firetto, ha scelto come slogan ‘confermare il cambiamento’. Invisibile, inesistente, dicono alcuni, evidente, storico dicono altri. Come nell’abusato repertorio dell’illustre cittadino che con Camilleri ed Empedocle può vantare una statua in città. In effetti qui le glorie locali sono di rilievo mondiale.
In via Atenea alle 10 di mattina le ombre cominciano ad accorciarsi, e con la scusa che è lunedì i pochi negozi di abbigliamento resteranno chiusi.

Di Bac Bac